Riferimenti/Note

Letizia Battaglia. Per pura passione,MAXXI, Galleria 1, Roma,24 novembre 2016 – 17 aprile 2017, a cura di Paolo Falcone, Margherita Guccione e Bartolomeo Pietromarchi

Oggi la comunicazione, dalle settorializzate e precodificate fonti e luoghi, campi o gabbie precostituite di senso, dice un senso già codificato della realtà e complessità delle azioni dell’uomo, nel nostro caso dell’artista.Il “museo”, come il MAXXI ed esempio, è uno di questi luoghi della comunicazione, luogo finora riconosciuto, res publica, come quello da cui si riconosce, si legittima, si propone l’arte al cittadino – al cosiddetto “pubblico”. Il “museo” è  stato e rimane un luogo/ruolo importante: ma tale ruolo è oggi messo in dubbio, insieme al concetto di arte, che i politici identificano come patrimonio prioritariamente finanziario, e non come –prioritariamente- bene culturale comune e non deprivabile del suo valore immateriale ed efficace alla costruzione di valori comuni. Il riconoscimento di tale ruolo a luoghi prestigiosi come i musei pubblici in Italia è oggi incrinato, poiché il ruolo museale di emittente del valore e dell’arte stessa, nella percezione pubblica, appare in contrasto con quanto gli artisti hanno realizzato ad esempio negli ultimi 200 anni, legando strettamente le loro scelte della “forma” a una posizione di critica rispetto al mondo reale (politico sociale, economico) e rispetto alla condizione dell’uomo nella modernità. Tale posizione critica dell’artista il museo esita a comunicarla, infastidisce i detentori del potere e del controllo, che vogliono sia rinviato ad un altrove il senso politico e critico dell’artista. Come nel sistema dell’arte, le regole di buona gestione e le nomine politiche dei vertici delle strutture museali appaiono oggi dettate da criteri di performatività finanziaria, che surclassano la libertà propositiva degli ancora eccellenti direttori e curatori di alcune istituzioni museali.Al Museo è affidata la legittimazione dell’arte e dell’oggetto artistico, ad altri luoghi della comunicazione e dell’azione l’intervento critico-politico sul mondo reale.

Il MAXXI, i cui curatori e direttori sono animati da passione civile, oltre che per l’arte in sé, si sta muovendo da tempo in una direzione che vada a ricongiungere l’arte esposta alla passione civile e politica degli artisti stessi, alla loro attenzione alla condizione dell’uomo contemporaneo. La mostra di Letizia Battaglia è una di queste proposte. Non c’è dubbio che il Museo MAXXI, in questo caso, ha sostenuto la proposta della grande fotografa siciliana verso il pubblico, concentrandosi sul proprio ruolo di legittimazione dell’artista, offrendo al grande pubblico la versione della qualità formale e artistica di Letizia Battaglia, facendo intravedere cautamente al suo pubblico l’identità –in Letizia Battaglia- di arte, forma dell’arte e impegno civile e politico. Ciò si evince chiaramente dal modo in cui era stat condotta, un anno prima della mostra attuale, dai suoi  presentatori, la Lectio Magistralis dell’aprile 2015, in modo sottilmente diverso dalle altre tre di cui tratta chi scrive.

La mia sollecitazione a leggere le diverse interviste rese nel tempo da Letizia, viene dunque da questa osservazione e dal desiderio di far conoscere più estesamente la crisi dell’idea stessa del museo e della comunicazione dell’arte e dell’artista, che sono concentriche alla crisi politica e sociale italiana e del mondo globalizzato.

Voglio ricordare quanto sia importante, nel museo MAXXi, lo speciale ruolo svolge la sezione Educational, e in special modo quella che si chiama Public Engagement, curata da Stefania Vannini.L’impegno al quale il Public Engagement si sta dedicando è quello di favorire la partecipazione e il coinvolgimento diretto dei migranti ‘minori non accompagnati’ insieme ai loro coetanei ‘autoctoni’, su un piano di parità. E’ così che il museo, in una prospettiva interculturale, diviene il luogo deputato delle relazioni, promuove l’incontro, lo scambio e la reciprocità tra pubblici diversi mettendo in dialogo saperi, prospettive e esperienze. Il MAXXI facilita e promuove le competenze relazionali dei diversi gruppi, sempre più indispensabili. Nella stessa mostra di “Letizia Battaglia. Per pura passione”, sono attivati incontri di partecipazione attiva.

merc 15 e merc 22 marzo dalle h 16 alle h 18: shooting fotografico nella mostra di Letizia Battaglia per progetto Fotografi Insieme Per Pura Passione, con Mohamed Keita e Morteza Khaleghi, i minori non accompagnati del centro diurno CivicoZero e un gruppo di studenti del liceo Tasso. Progetto di coesione sociale in occasione di Illuminiamo il Futuro, iniziativa di Save the Children contro la povertà educativa ;venerdì 24 marzo h 11- 12 Progetto Al MAXXI parlo Italiano con un gruppo del Centro Provinciale Istruzione Adulti, davanti alle opere di William Kentridge in galleria 4;

venerdì 31 marzo- sabato 1 aprile – domenica 2 aprile :LO SPIRAGLIO, 7° Film festival della salute mentale, a cura del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Roma 1, in collaborazione con MAXXI

venerdi 31 marzo eventi in collaborazione con l’Ufficio Public Engagement del MAXXI:  h 10-13 mattinata di cinema dedicata agli studenti delle scuole superiori, Piuma di Roan Johnson (2016), auditorium del MAXXI.; h 11- 13e30 galleria 1, mostra Letizia Battaglia, il gruppo del progetto NuovaMente al MAXXI: il nostro punto di vista racconterà alcune foto agli utenti dei Centri Diurni (evento di mediazione culturale, su prenotazione) e

sabato 1 aprile, h 13 -14 galleria 1, mostra Letizia Battaglia,  il gruppo del progetto NuovaMente al MAXXI: il nostro punto di vista racconterà alcune foto al pubblico del museo

 

[N1]

Letizia Battaglia intervistata da Giuseppe (Joe) Marrazzo nel 1979. Durata 3’ 28”. In: https://www.youtube.com/watch?v=0WqG5kV1B3I Uploaded by Andrea Meccia il 10 dicembre 2014.

Spezzoni dell’intervista del 1979 di Giuseppe (Joe) Marrazzo, tratti da “Dossier”. Lo spezzone reca l’inscrizione RAIEDU 2_REWIND.

Leggiamo in RAI PLAY:” Nessuno prima di Joe Marrazzo (1928-1985) aveva indagato a fondo i fenomeni mafiosi italiani: dalla Calabria alla Campania fino alla Sicilia, Marrazzo non soltanto è riuscito a ricostruire affari e crimini delle principali organizzazioni malavitose ma, soprattutto, ha dato voce al disagio sociale raccontandolo con irripetibile empatia e con rigoroso metodo giornalistico. In questa sezione si avrà la possibilità di rivedere le principali grandi inchieste Rai di Marrazzo a cavallo fra anni Settanta e Ottanta.”

Nella biografia, in wikipedia,  di Giuseppe (Joe) Marrazzo, morto all’età di 56 anni per emorragia cerebrale, è riportato quanto aveva dichiarato il figlio Piero (È morto Marrazzo, cronista d’assalto contro le cosche, in la Repubblica, 1º marzo 1985, p. 12.), che  “la morte per cause naturali di suo padre gli ha quasi sicuramente evitato una morte violenta in quanto le sue inchieste sulla camorra lo avevano esposto a varie minacce di morte”.

[N2]

Il discorso di Rosaria Schifani, rivolta ai mafiosi, il 25 maggio 1992, al funerale degli uomini assassinati nella strage di Capaci, il marito Vito Schifani, Giovanni
Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.

Su you tube: https://www.youtube.com/watch?v=ff0wgrgkCBM

Trascrizione: www.perlaretorica.it/wp-content/uploads/2013/04/Schifani.pdf

Rosaria Schifani, Discorso al funerale del marito Vito Schifani e di Giovanni
Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Palermo, 25 maggio
1992
“Io, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani – Vito mio – battezzata nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato
– lo Stato… – chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso. Rivolgendomi agli uomini
della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani, sappiate che
anche per voi c’è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio,
però, se avete il coraggio… di cambiare… loro non cambiano [pausa, il sacerdote al fianco di
Rosaria Schifani suggerisce: «se avete il coraggio…»] di cambiare, di cambiare, loro non
vogliono cambiare loro [applauso].
Loro non cambiano, loro non cambiano… No. Aspetta, aspetta, no [Rosaria Schifani si
rivolge al sacerdote che la invita a seguire il testo scritto]. Di cambiare radicalmente i vostri
progetti, progetti mortali che avete.
Tornate a essere cristiani. Per questo preghiamo nel nome del Signore che ha detto sulla
croce: “Padre perdona loro perché loro non lo sanno quello che fanno”. Pertanto vi chiediamo
per la nostra città di Palermo [pianto] che avete reso questa città sangue, città di sangue [Rosaria Schifani parla con il sacerdote]. Vi chiediamo per la città di Palermo, Signore, che
avete reso città di sangue – troppo sangue – di operare anche voi per la pace, la giustizia, la
speranza e l’amore per tutti.
Non c’è amore, non ce n’è amore, non c’è amore per niente”.

Altra trascrizione, di Flavia Trupia, nel 2012, venti anni dopo l’attentato di Capaci del 23 maggio 1992: in ti.blogspot.it/2012/05/loro-non-vogliono-cambiare-loro-e-il.html

 

[N3]

Silvia Mazzucchelli, Intervista a Letizia Battaglia. Fotografia e vita, 23 novembre 2016, in: http://www.doppiozero.com/materiali/intervista-letizia-battaglia-fotografia-e-vita

[N4]

#SOUL Monica Mondo intervista Letizia Battaglia -0,19-30,26 – TV2000.IT – Pubblicato il 03 dic 2016. https://youtu.be/zX41FSuiuls

[N5]

Amoreamaro – Letizia Battaglia, By Simone Ladisa | Published 23 dicembre 2014 in; http://www.bibliotecafotografica.it/wordpress/

Ce la segnala proprio Simone Ladisa nel post: “Per pura passione – Letizia Battaglia, 13 gennaio 2017, by Simone Ladisa | Per Pura Passione, in mostra al Maxxi fino al 17 Aprile, è una sontuosa mostra su Letizia Battaglia. Un racconto delle passioni, delle sofferenze e delle gioie di questa grande fotografa, trasposte sui suoi lavori “[…]. In: http://www.bibliotecafotografica.it/wordpress/.

Amore amaro, vai su You Tube:

https://youtu.be/zp1b9ZTToHc  e/o https://www.youtube.com/watch?v=zp1b9ZTToHc&feature=youtu.be

[N6]

Il Documentario sulla grande fotografa palermitana, trasmesso da Rai Storia nel giugno 2011/ Violoncelles, Vibrez!” di Giovanni Sollima, Pubblicato il 06 mar 2015. In: https://www.youtube.com/watch?v=ixrkwAs4gVY.

In questo documentario, Letizia Battaglia ancora non si apre sul suo lungo impegno civile e sulla identità, per lei, di fotografia e vita: Ricorda di essere stata invitata a Berlino (2007) dove le è conferito il prestigioso premio per la fotografia “ERICH_SALOMON”, POI IL Cornell Capa Infinity Award a New York il suo viaggio a New York e il suo ritorno a Palermo di cui ha sempre la stessa nostalgia. Solo si chiede, ma perché lì a New York i cittadini si sono messi insieme e trasformano degli spicchi di spazio abbandonati in giardini, mentre qui vedo tanti posti abbandonati e cosi restano?

[N7]

 Lectio Magistralis di Fotografia/Incontro con Letizia Battaglia, 21 aprile 2015, MAXXI, Roma, in: https://youtu.be/exE9z16uJQw

Pubblicata il 04 maggio 2015

“Per il secondo anno consecutivo tornano le Lectio Magistralis di Fotografia, un’occasione per incontrare i grandi protagonisti della fotografia che, in dialogo con personalità del mondo del giornalismo, della critica e della comunicazione, racconto la propria esperienza artistica”.
martedì 21 aprile 2015
Incontro con LETIZIA BATTAGLIA
“Una delle più audaci e impegnate fotografe italiane, Letizia Battaglia, per trent’anni ha fotografato la sua terra, la Sicilia, con immagini in bianco e nero crude e dolorose, denunciando l’attività mafiosa e i ripetuti attacchi alla società civile”. Intervengono Giovanna Calvenzi, photo-editor, critica e curatrice di fotografia e il fotografo Giovanni Gastel. La notizia in: http://www.fondazionemaxxi.it/2015/04…

 

[N8]

Parlando con Stefania Vannini, la direttrice del Public Engagement al MAXXI, di questo testo che stavo scrivendo su Letizia Battaglia, della mia ricerca sull’impegno sociale e politico di Letizia e su quanto pubblicato e disponibile on line, e su come a un certo punto Letizia si fosse sentita drammaticamente prigioniera e si fosse poi liberata, proprio grazie al suo lavoro di giornalista a Milano e  poi di fotoreporter a “L’Ora” di Palermo, e sul fatto che avevo visto che Giovanna Calvenzi stesse leggendo un testo di Letizia Battaglia, nell’introdurla nel 2015 alla Lectio Magistralis,  Stefania Vannini mi ha indicato un libro (ora nella biblioteca del MAXXI) importantissimo ed esaustivo, curato proprio da Giovanna Calvenzi: Letizia Battaglia. Sulle ferite dei miei sogni, Bruno Mondadori, 2010. E’ imperdibile, tutta la lotta, personale, civile e politica di Letizia Battaglia e dei cittadini siciliani, vi è narrata e si intende veramente quanto la sua arte fotografica sia inscindibile dal suo senso e della sua azione politica, dalla ricerca del modo di comunicare senza paura questa inscindibile unità. Questo messaggio lo ribadisce oggi, rivolta ai giovani e non solo…

Tra le sue prime fotografie, quelle del 1972, a Milano, a “Pier Paolo Pasolini al CIrcolo Turati”: lì -ricorda Letizia Battaglia in una delle sue interviste- era presente tra il pubblico Giovanna Calvenzi. A quell’epoca, dei suoi inizi, a Milano, risale la sua lunga amicizia con Giovanna Calvenzi.

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Letizia Battaglia, Pier Paolo Pasolini al Circolo Turati, Milano, 1972, Courtesy l’artista

 

 

 

 

 

Reportage fotografico dell’ evento del 15 marzo progettato dal MAXXI / Public Engagement,a cura di Stefannia Vannini.

Si tratta di uno shooting fotografico nella mostra di Letizia Battaglia per progetto Fotografi Insieme Per Pura Passione, con Mohamed Keita e Morteza Khaleghi, i minori non accompagnati del centro diurno CivicoZero e un gruppo di studenti del liceo Tasso. L’incontro di fruizione attiva e creativa della mostra è un progetto di  coinvolgimento diretto dei migranti ‘minori non accompagnati’ insieme ai loro coetanei ‘autoctoni’, su un piano di parità. Le foto sono di Simonetta Lux, salvo la seconda, di Luisa Galdo.

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Le parole della grande fotografa e artista Letizia Battaglia: identità di bellezza, arte e impegno civile.

Scrivo alla fine di febbraio in un post sul mio diario in “Facebook”:

 “Simonetta Lux28 febbraio alle ore 16:23 ·
YouTubeSto scrivendo sulla mostra di Letizia Battaglia “Per pura passione”, al MAXXI di Roma. Studiando e cercando le interviste rese da Letizia Battaglia, trovo questo spezzone di Joe Marrazzo (1979). Questa, insieme alle altre bellissime interviste, quella di Silvia Mazzucchelli del 23 novembre 2016 su “Doppio Zero”(resa prima della apertura della mostra al Maxxi: http://www.doppiozero.com/…/intervista-letizia-battaglia-fo… ) e a quella di Monica Mondo del 3 dicembre 2016 (https://www.youtube.com/watch?v=zX41FSuiuls), resa subito dopo la inaugurazione” Così continuo nel post, decodifichiamo gli “oggetti” esposti in “anima”.
Perché mi è apparso degno di condividere immediatamente, socialmente come si dice oggi, questa parte del TG2 Dossier di Giuseppe (Joe) Marrazzo), uno spezzone di 3’28”? [N1] (You Tube-https://www.youtube.com/watch?v=0WqG5kV1B3I- da RAI Edu 2/ Rewind) E’ degno e anzi necessario condividerlo perché Letizia Battaglia dice: “Noi avevamo paura”.

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1979: Giuseppe (Joe) Marrazzo intervista Letizia Battaglia, mentre sta montando per le vie di Palermo la mostra di fotografie sulla vita e eventi politici e mafiosi (still da monitor)

 

E perché dice inoltre, di sé e degli altri fotoreporter de “L’Ora” di Palermo che “lo spazio che ci dà il giornale non ci basta per dire le cose che vogliamo”?
Il rapporto con “L’Ora”, giornale comunista di Palermo, è ricordato sempre da Letizia Battaglia come formativo, libero, fondante: che uomini quei grandi direttori dell’epoca, quei suoi colleghi giovani, ormai divenuti famosi! Che giornale era” L’Ora”, il luogo delle battaglie antimafia, antirazziste e anticorruzione!
Quali sono dunque le cose che quei giovani reporter e lei volevano dire e che le foto in se stesse (le immagini) forse non bastavano a dire?

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Still da monitor, delle riprese di Giusepèpe Marrazzo, nel 1979, della mostra allestita per le vie di Palermo da Letizia Battaglia con i fotoreporter  del quotidiano “L’Ora”, ed insieme al “Comitato di opposizione”, di cinque anni di lavoro.

 

Le trascrizioni dalla breve intervista del 1979 di Giuseppe (Joe) Marrazzo sono inequivocabili. Letizia Battaglia, giovane, magra e bella, con la solita frangetta e caschetto biondo, quella domenica insieme con“ il Comitato di opposizione che da anni combatte il fenomeno mafioso” ha allestito, per strada, per una via di Palermo, una mostra fotografica “che illustra 30 anni di ipoteca della mafia sulla Sicilia e le sue complicità con il potere, -dice nel video Joe Marrazzo- la sua complicità con i politici e pezzi da novanta” […] “L’arroganza del potere nel proteggere gli uomini più chiacchierati e addirittura compromessi l’abbiamo verificata con un esperimento: un test che abbiamo realizzato subito dopo gli assassini di Terranova e del maresciallo Mancuso. […] La stessa mostra – dice Marrazzo-  abbiamo chiesto di portarla a Corleone, il paese di Luciano Liggio dove si annida il clan che sta assumendo le leve di comando su tutta la Sicilia. E’ un esperimento temerario. A Corleone è azzardato solo pronunciare la parola mafia. Immaginarsi cosa significa mettere in piazza pannelli con immagini di Liggio e dei numerosi delitti attribuiti ai suoi uomini. […] Vi E’ stato difficile allestire la mostra “?  Risponde Letizia:” Allestire non è stato difficile. Questa mostra +è il risultato di cinque anni di lavoro a Palermo. Siamo i fotoreporter di un quotidiano “L’Ora” di Palermo. E lo spazio che ci dà il giornale non ci basta per dire le cose che vogliamo”. “Voglio dire allestirla, esporre queste foto in pubblico, avete trovato difficoltà nelle autorità, permessi cose di questo genere?” domanda Marrazzo. “Non abbiamo trovato nessuna difficoltà. Noi avevamo paura”. “Avete dovuto superare questa paura…” […] “Sì, noi avevamo paura, perché il momento, io personalmente sento che il momento è drammatico, me lo sento sulla pelle, mi sento sulla pelle questa violenza, anche perché noi con questo lavoro siamo testimoni di soprusi, di violenza, di corruzione, per cui qui avevamo paura farlo”.

Letizia Battaglia si poneva fin da allora una domanda cruciale, che – tocca chiunque attraverso il proprio lavoro si faccia testimone di quanto distrugge l’individuo e la sua libertà e si faccia militante per cambiare lo stato delle cose. L’interrogativo tocca inoltre la più drammatica condizione dell’artista oggi e i più pungenti interrogativi che toccano il mondo dell’arte e della libertà creativa, la vita stessa dell’uomo contemporaneo, e non solo in Italia. Si percepisce attraverso l’immagine, attraverso l’esposizione museale, la complessità di una scelta che è civile, impegnata, critica?

Nella mia ricerca delle parole di Letizia Battaglia cercavo l’anima della ormai riconosciuta grande fotografa che, dopo aver visto la sua bella mostra al MAXXI, volevo far apparire, della sua arte.  C’era qualcosa che secondo me visitando la mostra non si vedeva: sì, si vedono morti, sangue, transgender, puttane, bambini e bambine perduti. Ma…

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Letizia Battaglia, Geraci Siculo, 1980, Courtesy l’artista

Avevo pensato che solo così, prima del museo e malgrado il museo, grazie alle sue parole e al suo racconto autobiografico-critico, la potevamo veramente legittimare “artista”: Avevo cercato le sue parole in rete, attraverso le interviste pubblicate e in video. Ne avevo già trovato di belle ed eclatanti, ma ecco che mi appare quello spezzone del 1979, proprio ai suoi inizi, quando era giovane giovane, quasi ai suoi inizi.

Ma non era finita l’utopia dell’avanguardia (ci diciamo nel mondo della critica d’rate militante)? Non è forse caduta l’illusione dell’arte di cambiare il mondo e rivoluzionare costumi, punti di vista e aprire possibilità di azioni?

Non è forse vero che non si può oggi fare una nuova Guernica? come avvenne invece nel 1937 quando il bombardamento di quella città sarebbe passato inosservato – uno tra i tanti della guerra civile spagnola, del bombardamento delle città ribelli alla nascente dittatura- se Picasso non lo avesse ancorato alla universalità surrealista e raffaellesca dell’orrore della condizione dell’uomo, della persona, del popolo colpiti inseguiti dalla violenza della guerra e della politica? Perché?

Oggi la battaglia si è spostata altrove avviene come condizionamento psicologico, non è più questione di essere un bersaglio, ma riuscire essere in grado di riconoscere gli incantamenti della comunicazione, miranti ad altro che alla integrità e autoconsapevolezza dell’uomo, sfruttando l’evidente dell’analfabetismo spirituale che si osserva nell’umanità attuale, la perdita di contatto con sé stessi. Mancanza di verità, dissonanze cognitive che stabiliscono un malessere psicologico e che inevitabilmente portano ad un indebolimento della persona. Oggi sono nascosti al pubblico i dati della diffusione di suicidi, che mi è stato detto e si dice siano enormi e allarmanti soprattutto tra i giovani e i giovanissimi.

La questione è che la comunicazione, dalle settorializzate e precodificate fonti e luoghi, campi o gabbie precostituite di senso, dice un senso già codificato, disconnesso dalla realtà e complessità delle azioni dell’uomo, nel nostro caso dell’artista.

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Conferenza stampa alla apertura della mostra “Letizia Battaglia. Per pura passione”. Al tavolo della conferenza, oltre a Letizia Battaglia, la Presidente della Fondazione MAXXI Giovanna Melandri, il direttore artistico del MAXXI Hou Hanru, i curatori Paolo Falcone, Margherita Guccione e Bartolomeo Pietromarchi.

Al Museo è affidato ruolo di legittimazione dell’oggetto artistico e dell’artista, mentre l’intervento critico-politico sul mondo reale è consentito in altri luoghi della comunicazione. In questo senso, né interrogativi né risposte rispetto al mondo reale, ci appaiono se si guarda a una esposizione. Neppure quando si va a questa pur grande e bella mostra al museo MAXXI di Roma, “Letizia Battaglia. Per pura passione” o se si ascoltano soltanto le parole lanciate nella videointervista dai curatori della esposizione. La Palermo di allora e quella di oggi, la situazione dei cittadini di allora e quella di oggi, la mafia, la corruzione, la politica e la condizione di quei luoghi e dei ceti marginali della società? Va tutto bene, ci chiediamo? Ma non sembra l’Italia e il mondo di oggi?

IMG_20170315_172514 MAPPA PELERMO DELLA FOTOREPORTER BATTAGLIA
All’ingresso della mostra, la mappa dei luoghi e degli venti fotografati da Letizia Battaglia, fotoreporter de “L’Ora” .

 

LESS ENTRATAPANIORAMA
 IMG_20170315_173053 BAMBINA INSIEME
Visioni di insieme delle sale della mostra di Letizia Battaglia. Le foto di Letizia Battaglia (in primo piano la foto “Geraci Siculo”)  nell’allestimento a ingrandimenti e a sospensioni della mostra al Maxxi.

 

Non appaiono e non c’è risposta, anche se è proprio bellissimo l’allestimento dell’architetta Reale, e anche se si intuisce come strano e decisivo l’invito del Museo MAXXI a che Letizia Battaglia abbia aperto il suo archivio e la dolorosa memoria di tanto lavoro fatto nella sua città Palermo.

 

foto progetto arch Rerale ALLESTIMENTO ARCHI REALE 1Courtesy architetto Reale
Progetto, realizzazione e modo d’uso dell’allestimento della mostra , dell’architetto Claudia Reale
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In 126 foto, che paiono scendere dal cielo, sospese nel grande salone, talvolta ristampate ingigantite.

 

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la foto “La bambina con il pallone, Quartiere La Cala”,Palermo 1980 (courtesy l’ artista) nell’allestimento e nell’originale.

 

Con 126 didascalie avvincenti, precise, emotive nella traccia di racconto che trasportano. Ne cito alcune per tutte: (foto 113) Pier Paolo Pasolini at the Circolo Turati in Milan, 1972. (Foto 61) “Rosaria Schifani, vedova dell’agente di scorta Vito, ucciso insieme al giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e tre suoi colleghi”. Palermo 1993. (Foto 75) La donna piange la morte del deputato comunista Pio La Torre, ucciso dalla mafia. Palermo,1982. (Foto 79) Ragazzi a rischio nel quartiere povero Albergheria, Palermo, 1985. (Foto 50)Triple Homicide in Piazza Sant’Oliva. Nerina was a prostitute who also started selling drugs, without asking permission. The mafia killed her. Palermo, 1982. (Tutte le didascalie in “Anthologia- Letizia Battaglia Per pura passione”, uno stampato fronte retro con le piccole icone delle 126 immagini fotografiche con la didascalia in italiano o in inglese, MAXXI, 2016).

La foto di Rosaria Schifani, è pubblicata nella intervista di Silvia Mazzucchelli. La foto è stata presa da Letizia Battaglia l’anno dopo l’attentato a Giovanni Falcone e alla sua scorta: di Rosaria Schifani, vera denuncia antiretorica, donna fragile e coraggiosa, ricordo il discorso nella chiesa il 25 maggio, sentita in diretta, ancora oggi mi emoziona, io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio [N2]

E alle pareti sono raggruppati nuclei specifici di tematiche fotografiche e di documenti:

Il lavoro come fotoreporter al giornale L’Ora (di cui sono montate le prime pagine, degli anni terribili della azione sanguinaria della mafia),

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Il pannello. all’inzio della mostra, con le prime pagine de “L’Ora” di Palermo. (a dx) la bacheca con l’esposizione dei libri delle “Edizioni della Battaglia”.

i suoi anni passati a farsi anche amica e non solo fotografa, nell’ospedale psichiatrico di Palermo),

la pubblicazione nell’86 del primo ed unico numero di “FOTOGRAFIA”  una rivista dedicata alle donne fotografe,

le bacheche di libri della casa editrice La Luna

le edizioni della rivista “Grandevù. Grandezze e bassezze della città di Palermo”, punto di riferimento sui temi sociali, dell’ambiente e della politica della città di Palermo,

i numeri della rivista “Mezzocielo” pubblicata dal 1991 insieme a Simona Mafai e Rosanna Pirajno “rivista per donne e fatta da donne”

infine le “Edizioni della battaglia”, create come risposta all’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre cento volumi di saggi di critica, traduzioni di autori italiani e internazionali, pamphlet politici e di tematiche sociali.

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La sala con l’esposizione dei documenti dell’attività editoriale di Letizia Battaglia.

Tutto finito, tutto bene, tutto concluso, in un giusto riconoscimento che sappiamo anche internazionale alla fotografa, alla artista, alla editrice?

Sì, lì a guardare la esposizione, non si pongono quegli interrogativi né c’è risposta, come quasi sempre avviene in pur esplicitamente tematiche mostre in un museo: il museo in quanto luogo deputato della cosiddetta arte, è isolato magnificamente dalla realtà, isolato, chiuso in se stesso, malgrado si proclamino “aperture” alla società e un pubblico allargato.

E’ solo la donna, la fotografa, la artista, è solo Letizia Battaglia, che può dire, riempire di anima, le sua fotografie solenni e scandalose, quali risultati raggiunti e come, quale la situazione di oggi, quale la condizione dei cittadini, degli uomini, delle donne, dei bambini nella società contemporanea, delle cui contraddizioni e orrori Palermo è il più chiaro specchio.

Letizia Battaglia ha avuto il coraggio di farlo e di dirlo.

IMG_20170315_174553 PRIMO PIANO E INSIEME press 05_Letizia Battaglia_La conta. Dopo la Processione dei Misteri gli uomini contano i soldi delle offerte_Trapani1992_Courtesy l'artista
La foto “Arceri Homicide” (Palermo, 1975), nell’allestimento della mostra.
(a dx) Letizia Battaglia, La conta. Dopo la Processione dei Misteri gli uomini contano i soldi delle offerte, Trapani, 1992. Courtesy l’artista.

E’ per questo che ero andata a vagare on line alla ricerca della sua parola, e la prima intervista trovata, è quella di Silvia Mazzucchelli per “Doppio Zero”. [N3]

E’ del 23 novembre 2016, poca prima della mostra al MAXXI, quando erano da non molto tempo state chiuse la grande mostra alla Ziza e quella nello spazio ZAC. Le seconda intervista, anch’essa interessante è quella di Monica Mondo per TV2000, del 3 dicembre 2016. [N4]

La terza da me trovata è stata, quella intitolata AMOREAMARO, n3 di Simone Ladisa, pubblicata il 23 dicembre 2014 e citata all’interno della recensione pubblicata il 13 gennaio 2017, sempre di Simone Ladisa, della mostra al Maxxi

[N5] http://www.bibliotecafotografica.it/wordpress/?p=915

In esse, la parola di Letizia Battaglia che si mette progressivamente a nudo come forse non aveva mai fatto prima [N8], mi obbligano fare una nota non estetica e non retorica di una mostra, legandola alla donna artista, mostrando che significa il legame arte/vita/impegno civile. E’ un invito a leggere o ascoltare le sue parole, per poter vedere.

Intervista di Silvia Mazzucchelli, del 23 novembre 2016, in cui Letizia Battaglia parla della perdita e della riconquista della libertà.

Quando sono arrivata a Palermo, il 23 novembre 2016, ha scritto in premessa Silvia Mazzucchelli, di fronte alla città ho cancellato tutte le domande già preparate ed incontrando Letizia Battaglia ho iniziato da zero; dalla città “che ti avvolge – scrive la intervistatrice-  in una morsa di contraddizioni, è insieme culla e tomba, cuore e asfalto, bellezza e morte”.

La prima risposta di Letizia Battaglia è cruda, non patetica, dà la traccia del sentiero di verità che ci farà percorrere, quasi laconica all’inizio come a fuggire dai luoghi comuni che nascondono la realtà:

E’ interessante Palermo, è un po’ magica un poco caduta, un poco solenne, un poco merda

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Letizia Battaglia, Nella spiaggia della Arenella la festa è finita, Palermo, 1986. Courtesy l’artista.

Le domande: Come è oggi Palermo?  E La donna a Palermo e la mafia oggi? E quale il potere delle immagini e dell’arte, per cambiare? Quale progetto di lei ottantaduenne, sconfortata? Quale un ricordo importante del passato? Chi fa e chi disfa? Lei a trent’anni in una foto di Franco Zecchin … Lei il rapporto con le donne e le bambine che fotografa, sempre tristi…

La scorza intelligente della intervistatrice è surclassata da Letizia Battaglia da una specie di sintesi del suo intero trascorrere trentotto anni di vita dolorosissimi: prima di fotografare la città (c’era il rammarico, la rabbia e poi tutto quello che stava avvenendo…) dopo, fotografando, il vivere la macchina fotografica come un altro cuore, un’altra testa, non era un mezzo per vendere fotografie, per diventare famosa, era il mio cuore che parlava.

Ma dolore non umanistico, dolore da sconfitti e intimamente battuti “il mio essere intaccata insieme ad altri nella nostra fiducia, nella nostra dignità – perché vivere civilmente vuol dire vivere con dignità, e questi esseri ci macchiavano, ci sporcavano ci corrompevano – è stato molto forte. E’ molto forte. Esiste. Oggi non si può dire che sussistano residui di mafia. C’è invece una mafia grande, forte, che è diventata più potente ancora, che è dentro le istituzioni, in tutte le istituzione

Questa sporcizia questa indegnità buttataci addosso dalla mafia, dalla sua alleanza con la politica (come dirà più oltre: a Andreotti e alla DC interessava solo il bacino di voti, non vincere la mafia), questa denuncia di una estesa corruzione che non è solo di quella città ma del nostro paese intero, è il tratto che percorre tutta la intervista, ma sullo sconforto e sul senso di impotenza trionfano i nuovi progetti: il centro di ricerca  internazionale per ila fotografia e una scuola di fotografia, dove insegnare non tanto la tecnica, quanto il principio  della disciplina e della risposta sincera alla  intima consapevolezza della nostra condizione nella realtà.

C’è stato un momento, lei dice, che queste fotografie, questi miei figli, questi negativi, li volevo abbandonare li volevo distruggere: non poteva più accettare la cruda realtà di sangue, tristezza e violenza che le foto dicevano, e basta.

Poi la via di uscita dallo sconforto, il progetto appunto di Centro internazionale di fotografia (che il sindaco Leoluca Orlando ha appoggiato) e di una scuola: un luogo non solo per la fotografia, ma per tutte le altre arti, perché tutte insieme concorrono al risveglio e alla costruzione della coscienza, grazie però a una scuola che per Letizia Battaglia “significa corsi di cultura, ovvero la fotografia intesa come parte di una cultura più vasta, perché un fotografo se non va al cinema, se non legge libri, se non ascolta musica non potrà avere una profondità, potrà avere talento, ma poi non regge, con il tempo il solo talento non regge”.

E’ per i giovani, ma è anche per i vecchi, perché la loro saggezza e memoria è un bene prezioso che non va rottamato

Alla domanda sul ruolo dell’arte (come della fotografia) per cambiare lo stato delle cose, Letizia Battaglia ci ricorda che l’arte non cambia il mondo, ma è solo la coscienza, che può cambiarlo. Le parole di Letizia sono chiare, le voglio citare integralmente, perché malgrado il suo sconforto, danno il senso a ciò che è stato fatto e come quel che è fatto possa funzionare, al di là della loro realtà di oggetto/prodotto/immagine:

La fotografia non cambia il mondo, né la mia fotografia, né quella degli altri, ma come un buon libro può essere una fiammella. Un libro, un’opera d’arte, un Picasso, una foto, una musica possono essere senz’altro un buon veicolo per la crescita, ma non possono cambiare il mondo. Gli appetiti della guerra, del capitalismo, delle religioni sono così forti, che la fotografia e la cultura sono una parte della lotta ma non bastano a cambiare il mondo. Niente può cambiare il mondo se non la propria coscienza. E poi si cerca di parlare alla coscienza degli altri. I giovani sono molto impressionati dal mio lavoro e questo è bello. C’è quasi una specie di adorazione per me. Lo so, lo sento, anche se non hanno visto nemmeno le mie foto. Credo sia molto importante, è stato molto importante per me, avere dei maestri”.

Questo racconto partito dalla coda velenosa, dallo stato attuale delle cose, sbalza poi a un certo punto all’origine di tutte le sue scelte, che sono volute di testimonianza e militanza: cioè al momento della sua perdita della libertà e della dolorosa- ancora una volta- riconquista. Da un fatto estetico (una domanda su perché le sue donne e bambine sono sempre tristi) esce lo scabroso risveglio della memoria (non ne parlerà più così chiaramente in altre interviste) e una risposta etica, le origini di una scelta: “sai… le bambine hanno e che fare con me”.

Donna, bambina (aveva 10 anni, era appena tornata con la famiglia a Palermo, da Trieste …Pensa, un viaggio che è durato quattordici giorni…con un carro bestiame… allora era così… abbiamo abitato da mia nonna…) un giorno “esco felice per Palermo e in contro un signore che si apre l’impermeabile e mi fa vedere il suo tesoro. Dopodiché corro a casa e lo dico a mia madre e a mio padre. Ho perduto la libertà, io l’ho perduta. Loro si spaventarono. Dicevano che questi mascalzoni ci sono ovunque, però è capitato a Palermo, per cui il mio sogno non è stato altro che quello di uscire dalla casa di mio padre e di crearmi la mia famiglia”.

Il farlo a sedici anni, fuga borghese (lei che già si era chiesta perché i suoi vicini non avevano da mangiare), con colui che malgrado il divorzio poi è rimasto sempre suo amico – Franco Zecchin- (“Volevo essere felice. Invece le cose sono andate in maniera un po’ diversa…”), l’inizio della carriera, prima a Milano come notista di cronaca, poi il ritorno a Palermo e l’incarico di fotoreporter di cronaca: i suoi maestri nel giornale “L’Ora” […] “oggi, pensando alla mia vita, sono certa di non averla degradata, sono contenta di come sono andate le cose, non mi sono venduta, sono libera, dico il mio pensiero e non ho paura di dirlo, questo rende la mia vita non miserabile”.

E rivolgendosi alle sue intervistatrici (oltre alla Mazzucchelli, appare l’altra sua amica): “Siete piccoline. Chi la più piccola di voi due? Quanti anni avete? Io ho cominciato a 40 anni a fare la fotografia. Questa è una cosa interessante, perché a quarant’anni le donne hanno già la strada segnata. E’ importante per tutte le donne che pensano che valgano solo la bellezza e la giovinezza. Non è così. Lo scopro anche ora che sono vecchia. Puoi ricevere tanto amore, tanta attenzione anche se sei vecchia”.

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Letizia Battaglia, Ilona Staller, in arte Cicciolina, nella sua casa di Roma, 1994.Courtesy l’artista

Intervista di Monica Mondo, del 3 dicembre 2016, in cui rifiuta l’etichetta di fotografa della mafia e parla della scelta e della bellezza del bianco e nero come rispetto per chi e per ciò che è ritratto

Anche con Monica Mondo, il 3 dicembre 2016 (pochi giorni dopo la apertura della mostra a Roma) parte dalla coda dolorosa e attuale di un senso di sconfitta, potevo morire tanto era il dolore (perché di fronte alla potente ammaliante decadenza di Palermo c’è la lotta dice , la nostra lotta per cambiarla, la ira per tutti i governi che hanno permesso che Palermo fosse solo un bacino di voti, la mafia per Roma), il suo ennesimo tentativo di sfuggire alla sua amata città, il viaggio a Parigi nel 2000, dove dice, mi sono nutrita di pace.

Fotografa della mafia? Si dice…? Non è così, – Letizia Battaglia rifiuta vivacemente un’etichetta rassicurante impregnata (io penso) di quello sterile veleno politicamente volatile e scandalistico così di moda –  Con tutto quello che stava succedendo a Palermo, io non fotografavo solo la mafia, ma il football, la scuola, le donne, i bambini: dovevo stare a disposizione 24 ore su 24. No, la questione delle foto nei processi indiziari, non c’erano solo le mie foto c’erano quelle di tanti altri. Ma io ho fotografato pensando di far vedere un giorno quanto brutta, cattiva, sporca fosse la mafia. Se al Maxxi ci sono tutti i momenti di una” arte di responsabilità civile”. “Guarda, io vivo in coerenza con tutto quello che faccio”, non posso separare la fotografia da come gestisco la mia vita, da come mi vesto, da come amo”.

Artista? L’arte secondo Battaglia, non è una storia solo estetica […] Io non ho mai considerato me come artista, poi ora so “che lo sono, mi hanno invitato li” ma, tiene a far capire “mi sono mossa come persona”, mentre sto lavando i piatti mi chiamano dal giornale […] c’era un filo diretto tra la Questura e “L’Ora” […] ho avuto una vita senza vanità e senza…. Si sono stata deputata in Regione, gli uomini li chiamavano “onorevole” a me “dicono ciao Letizia”: io ho trasmesso questa cosa. Ma la donna, in questo lavoro mozzafiato e anche violento?  Quando arrivavo sul luogo, la polizia non mi voleva far passare e io “urlavo, urlavo veramente, e la “RAI”? E “La Repubblica” sì, io no?”, ma arrivava Boris Giuliano, un uomo straordinario, amato dai cittadini, che la mafia ha ucciso. Come erano amati da noi cittadini Falcone e Borsellino, coloro volevano liberarci dal giogo della mafia, e alla strage di Capaci ero lì, ma non volli fotografare: troppo per noi cittadini!

 

IMG_20170315_174213 BORIS GIULIANO E IL GRUPPI DI LOTTA ALLA MAFIA
Gli uomini delle istituzioni che hanno combattuto ka mafia. Il secondo da sinistra Boris Giuliano.

Ora mi pento, ma Letizia indica la necessità delle scelte sulla base al sentimento che hai, su quello che senti dentro. Il bianco nero, più discreto e rispettoso della realtà, è stata una scelta non tecnica, ma il senso di dare solennità e onore a qualsiasi scatto e soggetto: senza fraintendere, non è vero che sono tutti fotografi, c’è il progetto, la disciplina, entrare in te, dire quello che vuoi; “i fotografi che rimangono sono quelli che hanno qualcosa da dire”. Lo dirà anche quando prefigura l’insegnamento nei laboratori del suo progettato Centro internazionale di fotografia.

Intervista AMOREAMARO, di Simone Ladisa, del gennaio 2014, in cui Letizia Battaglia parla del rapporto con la morte e di ciò che si è vissuto in Sicilia, una vera e propria guerra civile, persa.

Simone Ladisa, ci ricorda qualche giorno fa, agli inizi del 2017 (recensendo la mostra al MAXXI) su “Biblioteca fotografica”, che il 23 dicembre 2014 aveva postato proprio su “Biblioteca Fotografica”, che è un sito molto interessante che cerca di farci conoscere non solo le fotografia ma i loro autori, i fotografi, una video intervista dal titolo AMOREAMARO.

Letizia Battaglia vi parla del suo rapporto con la scena della morte, quasi come una scena teatrale, lei dice, ed anche della sua percezione. Sempre le era sembrato un uomo morto che stava a fotografare una scena finta, “che non poteva essere vera”, un uomo finto: ma quegli uomini morti, assassinati, lei li aveva tutti dentro la sua coscienza […]

IMG_20170315_174044 PRIMO PIENO E IMSIEME
La foto di Letizia Battaglia “Rubava il mare nei tombini dell’energia elettrica per sfamare i suoi figli, ed è morto fulminato” (Palermo, 1976), nell’ingrandimento allestito alla mostra al MAXXI.

sì, a Palermo “ho sofferto moltissimo”. Ma sottolinea, come a dire che noi dobbiamo sapere, “a Palermo abbiamo combattuto una guerra civile” […] “non sapevi chi erano gli amici e chi i nemici”. “No, [a una domanda risponde] non ricordo la prima volta che vidi a terra un morto, ma “ricordo tutti gli altri che sono tanti”. E sulla scena degli omicidi, vedi, erano tutti uomini, poliziotti, medici legali, non vedi una donna. In quegli anni ogni volta non mi facevano passare.  Se hai paura? Io no! Io gridavo, gridavo! E arrivava Boris Giuliano e diceva “la signora passa”: insomma un lavoro duro, stressante, in fotoreporter dovevano essere presenti ai processi, quando le foto erano assunte come documento, o andare in ospedale quando l’uomo era solo ferito e aspettare. Ma soprattutto lo stress terribile di quegli anni di vera e propria guerra civile. La mafia, i corleonesi erano scatenati, talvolta cinque o sei omicidi insieme nello stesso giorno. Uno stressa terribile, “ci si sente devastati” […] “All’inizio caddero persone che non conoscevamo, poi cominciano a cadere i politici, quelli che cercavano di combattere la mafia come Cesare Terranova, Piersanti Mattarella, i giudici “– io amavo molto Falcone “era un orgoglio per tutti noi cittadini che avessimo un giudice così coraggioso nella nostra terra” […] “Rappresentavano la nostra voglia di giustizia.  Sono tutti ammazzati, tutti”. Si sofferma su una foto che ha scattato a Bagarella “uomo molto cattivo trafficante di droga, assassino, mandante di omicidi, ero abbassata [a scattargli la foto] e lui così furioso che mi sferrò un calcio, non fui colpita, ma caddi all’indietro […] Ma la foto l’avevo già fatta!”.

 

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Letizia Battaglia, L’arresto del feroce boss mafioso Leoluca Bagarella, Palermo, 1980. Courtesy l’artista.

Tutta la seconda parte dell’intervista è caratterizzata dalla sua disperazione, dall’amore e rabbia per la situazione di Palermo, per l’apparente sconfitta subita dai cittadini e siciliani onesti. Mi faccio la domanda, dice a un certo punto: “perché non ho fotografato la bellezza di Palermo?” […]” non lo so, mi sembra che il dolore che abbiamo vissuto abbia sovrastato la bellezza. “Che cos’è la bellezza? Un Barocco?” […] “un bel cielo? Se sotto c’è una creatura insanguinata o un ragazzo che spaccia droga…non posso fotografare la bellezza” […] Ritorna su Palermo, ha avuto sempre un rapporto di rabbia e di dolcissima disperazione … “la sento malata”.

Letizia Battaglia, la donna la fotografa la artista, ci fa guardare allo specchio della nostra percezione dell’Italia di oggi, che ci sembra irredimibile, la disperazione di non riuscire a cambiare società, giustizia e politica. La forza delle donne, per un futuro migliore.

Ma ecco che accompagna l’intervistatore in un grande spazio abbandonato da anni, di proprietà del comune di Palermo: dice questo è ciò che invece vorrei fare, per l’arte, la fotografia, la educazione all’arte e alla azione civile attraverso l’arte: una scuola, un museo della memoria, un laboratorio e centro di fotografia. Per i giovani certo, ma per tutti, non devono essere esclusi i vecchi che portano la loro sapienza ed esperienza… Con grande senso dello spettacolo, si fa accompagnare a un incontro col sindaco Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo, che promette che le sarà concesso.

Le chiavi le sono state consegnate poco tempo fa.

La Lectio Magistralis, al MAXX, il 25 aprile 2015, prima della mostra al MAXXI che la doveva legittimare nel 2016 “anche” come artista, in cui Letizia Battaglia aveva cercato di dire la verità della sua arte: il museo ora vuole sue immagini pure.

E’ la Lectio Magistralis, che Letizia Battaglia tiene al MAXXI di Roma il 21 aprile 2015, dove l’anno successivo sarà invitata per la grande mostra di cui stiamo parlando (novembre 2016_aprile 2017). I suoi interlocutori sono importanti figure della cultura italiana, Giovanna Calvenzi, photo-editor, critica e curatrice di fotografia e il fotografo Giovanni Gastel. L’incipit è subito un tentativo di depotenziare il tratto di impegno civile della fotografa e depoliticizzare la comunicazione museale, luogo della legittimazione “artistica” pura, forse della bellezza (che non nego: ma quale è la bellezza, nell’arte contemporanea?).

Interviene Giovanni Gastel che dice subito: “Che onore sentire parlare una delle più grandi interpreti di questa arte che abbiamo in Italia, insomma.  Due solo parole solo velocissime le a cui tengo sempre. Vedrete il grande impegno sociale, il coraggio di Letizia, però non dimenticate che Letizia è anche una grandissima fotografa al di là di quello che fotografa [sic, corsivo nostro]. Le sue sono opere straordinarie ha una capacità di composizione, di organizzazione dell’immagine, di utilizzo della luce, che sono tra le più grandi del mondo. Il piano del suo impegno sociale non deve secondo me sovrastare il piano delle sue enormi capacità come fotografa [sic, corsivo nostro]. Questo ci tenevo a dire]”. “Forse – interviene Giovanna Calvenzi- malgrado siano state distrutte a Palermo iniziative realizzate da Letizia, malgrado io sappia [legge un testo di Letizia, mi chiedo quale] [N8] a un certo punto Letizia disperarsi avendo ancor in testa le grida e il dolore delle madri e dei figli dei morti ammazzati – “come li chiama Letizia”-, pensando che tutte queste foto non son o servite a niente, che tutti gli eventi terribili saranno dimenticati, Letizia aveva quasi deciso di bruciare tutti e negativi, tutte le foto realizzate. […] tutto il lavoro fatto da Letizia a L’Ora nasce da passione, rabbia, voglia di cambiare, di far sapere far conoscere quello che stava accadendo. Questa sua passione la ha portata dopo […] “a lottare liberamente, senza più lo strumento della fotografia, nella città di Palermo e nella Regione Sicilia “. Oggi Letizia, su questo materiale, ha costruito una nuova parte del suo lavoro, ha fatto delle rielaborazioni [Giovanna Calvenzi si riferisce a una mostra fatta nella galleria di Massimo Minini a Brescia, una delle gallerie più significative di arte contemporanea], “che in qualche modo vogliono esorcizzare le foto dei morti ammazzati, quella che lei ritiene una discutibile notorietà, che viceversa sono una testimonianza dolorosa che ha obbligato a molti di noi a capire e ad aprire gli occhi e oggi si dedica anche ad altre cose. Forse [si rivolge a Letizia] “la cosa più semplice è partire dalla fine, partire dall’oggi, dal lavoro che tu stai facendo sugli invincibili, questa passione che tu racconti ancora in un modo diverso, in un modo più meditato ma non meno profondo” […] “Allora –chiede Letizia- devo rispondere a quello che tu mi domandi? Non posso parlare di altro?” [7’ 58”]. Risponde Giovanna Calvenzi “Invincibili”.

La Lectio si svolge per oltre un’ora, con il racconto storico dettagliato delle iniziative anche editoriali realizzate, oltre al suo lavoro di fotoreporter.

Nessuno interviene alla fine della sua magistrale lezione: tutto è chiaro. E’ stanca.

Interviene una direttrice del MAXXI, che ricorda ancora una volta quanto la scelta di Letizia Battaglia per questa lezione fosse nelle cose, essendo fin dal 2003 – quando sta nascendo il MAXXI, che non è ancora Fondazione – lei, Letizia Battaglia, stata parte del nucleo che ha fondato la collezione di fotografia del Museo: la cui attività, in una fase ancora di creazione del museo stesso, era iniziata con la richiesta a 20 fotografi importanti (tra cui Gabriele Basilico) di loro foto sul tema della forma del paesaggio contemporaneo, su dieci luoghi significativi del cambiamento: e Letizia fece delle bellissime foto della Posta est di Palermo.

Bene io credo che di conclusioni non si possano trarre – conclude Giovanna Calvenzi- una vitalità e una presenza debordante che non ha bisogno di conclusioni”.

La rivista “Mezzocielo” non è finita, interviene Letizia Battaglia, ancora continua on line: “cliccate, il prossimo numero è sulle religioni, loro scrivono quello che vogliono e io scelgo le foto”

Conclude Gastel:

“Ecco, così all’inizio dell’attività del MAXXI, abbiamo avuto […] Letizia Battaglia. […] Volevo anche ricordarvi che questa sera questa funambolica signora ci ha anche dato questo incarico eh, di fare questa prima fotografia di immagini pure [corsivo nostro] per cui anche stasera un regalo di questa donna straordinaria e io giuro che mi ci impegnerò insieme a Giovanna, e lo presentiamo qua”.

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Shobha, Ritratto di Letizia Battaglia, Courtesy the artist. Letizia  Battaglia è ritratta dalla figlia Shobha.

 

ADDENDUM del 21 marzo 2017.

Il 20 marzo, dall’ufficio stampa del MAXXI, un comunicato annuncia che La  Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Fenomeno delle Mafie e sulle altre Associazioni Criminali anche Straniere “celebra  giornata vittime di mafia al MAXXI con la mostra di Letizia Battaglia”.

“In occasione della Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, martedì 21 marzo alle ore 15.00, una delegazione della Commissione parlamentare Antimafia, guidata dall’on. Rosy Bindi, visiterà la mostra fotografica Letizia Battaglia. Per pura passione, organizzata dal museo MAXXI di Roma.  Attraverso gli scatti dell’artista siciliana saranno ripercorsi i momenti più drammatici e significativi della lotta alle mafie nel nostro Paese. La delegazione parlamentare sarà accompagnata dalla presidente della Fondazione MAXXI, Giovanna Melandri”.

 

 

 

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