Alamar, Avana dell’est, Cuba.
Lontano dal centro barocco e decadente dell’Avana vecchia, dichiarato dall’Unesco “Patrimonio mondiale dell’Umanità” ed in fervente ricostruzione questi ultimi anni, questo quartiere di periferia pianificato e costruito negli anni Settanta in direzione del mare è per tradizione il centro dell’avanguardia culturale della capitale cubana. Popolato da sempre da stranieri di ogni provenienza, Alamar ospita circa 80 mila abitanti. Qui, al centro culturale Fayad Jamis che ha ospitato una parte delle attività del’ottava edizione della Biennale di Arte contemporanea dell’Avana, incontriamo Omni, un collettivo di poeti, performer, artisti ed attivisti che da sette anni operano nel quartiere e che hanno come punto di riferimento il loro studio comune nella galleria del centro culturale.
Amaury Pacheco Delmonte presenta il progetto facendoci visitare il quartiere e le installazioni pensate e realizzate da Omni negli spazi pubblici.

Amaury Pacheco Delmonte: Alamar è erede di un’importante tradizione avanguardista e controculturale. Sin dagli anni Settanta il barrio è stato abitato da profughi provenienti da tutto il mondo, da intellettuali che contestavano la rigida burocrazia statale, da artisti e poeti. Noi di Omni siamo gli eredi di questa tradizione e lavoriamo per e con l’intero quartiere, perché vogliamo che l’arte sia solo un mezzo per coinvolgere e far riflettere la gente.

Mentre attraversiamo la strada assolata che costeggia fitte macchie di vegetazione tropicale alternate alle microbrigadas, una specie di unità abitative lecorbusieriane in miniatura costruite dalle cooperative di operai negli anni Settanta, da un cammello (i cigolanti autobus periferici della città, costruiti usando la carrozzeria di vecchi tir e così chiamati per il profilo con due gobbe) un’anziana signora si affaccia urlando “Amaury!!!” e scuotendo le braccia nella nostra direzione.

L.C.: Il quartiere vi conosce…
A.P.D.: Si, come dicevo noi lavoriamo per tutti, e la gente comune lo ha capito ed è partecipe, e ci aiuta: materialmente aiutandoci come può a sostenere il progetto; in più ci sostiene quando abbiamo dei problemi di ordine pubblico.
Luis Eligio Perez Cafria: Abbiamo realizzato pitture murali in diverse zone dell’Alamar, abbiamo fatto installazioni, letture pubbliche di poesie, performance. Abbiamo ripulito e decorato un anfiteatro che ora ospita ogni anno un festival del rap, in cui noi e molti altri giovani poeti abbiamo la possibilità di leggere quello che scriviamo e di fare le nostre performance.
A.P.D.: José Marti, il più grande poeta cubano… Dovresti leggerlo, è meraviglioso, di gran lunga il più grande scrittore e intellettuale dell’isola… José Marti diceva che la rivoluzione deve essere “con tutti e per il bene di tutti”. Questa è l’essenza della nostra attitudine mentale, di noi cubani. È nel nostro codice genetico, anche se negli ultimi tempi la vita politica del Paese sembra aver abbandonato questa linea di pensiero che ci ha reso e ci rende unici. Noi di Omni abbiamo fatto nostra questa tradizione e non facciamo altro che lavorare perché l’originaria attitudine comunitaria cubana non si disperda. L’arte è un veicolo di comunicazione.
La nostra generazione ha una marcia in più (tutti gli artisti che partecipano al progetto Omni sono nati tra il 1968 ed i primi anni Settanta, n.d.r). Stiamo uscendo ora da un periodo molto duro: il Periodo Speciale, caratterizzato da una tremenda crisi economica. Ci mancava tutto, anche il cibo. Però tutti abbiamo studiato. Abbiamo studiato molto, tutti i cubani hanno avuto l’opportunità di studiare e di dedicarsi alla cultura. Ora che l’isola sembra riprendersi economicamente le nostre potenzialità sono infinitamente cresciute: la nostra generazione, gli artisti della nostra generazione, sono l’avanguardia che renderà possibile un miglioramento nel nostro Paese.

L.C.: Intendi dire un cambiamento del regime?
Jorge Perez Gonzalez: Fidel Castro ha fatto molte cose buone per la nostra gente. Ora ha però preso delle decisioni discutibili e inconprensibili, che non fanno altro che ritorcersi contro il popolo cubano. La fucilazione sommaria dei tre dirottatori ne è l’esempio lampante (nell’aprile 2003 tre dirottatori di un traghetto civile cubano che hanno tentato di deviare il percorso dell’imbarcazione verso la florida sono stati fucilati. Il fatto ha scatenato lo sdegno della comunità internazionale che ha chiuso i rapporti diplomatici ed economici con Cuba n.d.r.).
Nonostante questo noi rivendichiamo la nostra Storia che nasce con la Rivoluzione, perché ne siamo i figli e vogliamo che il Paese prosegua questo percorso iniziato negli anni Sessanta.
Non vogliamo il rovesciamento del regime, ma sappiamo che quando Fidel morirà la nostra generazione lavorerà per sostenere l’impatto e per fare in modo che Cuba non diventi come la ex Unione Sovietica.
A.P.D.: Abbiamo un giovane ministro della cultura molto in gamba: Abel Prieto. È uno scrittore e negli anni Settanta era un hippy. È il ministro che ha voluto mettere una statua di John Lennon in un parco pubblico del centro della città, sdoganando di fatto i Beatles nel Paese, che fino a qualche anno fa erano ritenuti il simbolo della borghesia occidentale (ora nei taxi, nei ristoranti e nei locali pubblici non si fa altro che ascoltare come sottofondo musicale i vecchi album del quartetto di Liverpool mescolato alla salsa ed al son, n.d.r). Prieto ci sostiene ed ha istituito la divisione ministeriale per la “Cultura Comunitaria” che finanzia e rende possibili le nostre attività e quelle di molti giovani artisti come noi. La gente come lui, con il sostegno della nostra generazione, renderà sostenibile il vuoto di potere che lascerà Fidel.

L.C.: In effetti qui all’Avana si respira un aria di fermento. Ho conosciuto molti altri giovani artisti che si dedicano a pratiche molto concettuali e completamente rivolte agli spazi pubblici. Il sentore che ho è che nonostante la continua paranoia per il controllo, in generale vi sentiate sostenuti da una parte delle istituzioni, o che siate riusciti ad aggirare le regole del controllo muovendovi con scaltrezza all’interno di queste.
Olver Reyes Rodriguez: Lavoriamo utilizzando tutti i mezzi espressivi a nostra disposizione. Siamo scultori, pittori ma anche scrittori ed attori. Usiamo il nostro corpo e coinvolgiamo le persone nelle nostre performance che sono sempre fatte nei luoghi pubblici.
Quello di cui abbiamo bisogno, qui ed ora, è di rendere possibile la comunicazione.

Proyecto Omni
di Lucrezia Cippitelli

Il gruppo Omni è nato nella città di Alamar, nella periferia orientale dell’Avana, città dormitorio caratterizzata dalla carenza di strutture impoprtanti per la vita comunitaria. In questo contesto Omni lavora dal 1997, e la sua pratica artistica, che si è orientata in modo particolare sugli interventi negli spazi pubblici, è diventata una vera e propria indagine di ricerca sociologica e di intervento/interferenza culturale nulla realtà sociale e civile del quartiere.
Negli anni il gruppo ha lavorato a sculture ambientali, installazioni in spazi pubblici spesso dimenticati o degradati, azioni e performance nelle strutture pubbliche, spesso operandosi per recuperare spazi urbani abbandonati, fatiscenti, degradati e restituirli alla vita comunitaria del quartiere. Parallelamente Omni, come gruppo e come singoli artisti, espone ed opera in diversi spazi più istituzionali dedicati all’arte.

Omni lavora e condivide le esperienze con due altri progetti comunitari: Zona Franca, gruppo di poeti e scrittori che si sono poi rivlolti alla scultura e installazione che descrivono come “l’azione per installare la poesia”, e con il Gruppo Uno, collettivo che favorisce lo sviluppo dell’hip hop a Cuba, creando e curando il Festival del Rap di Alamar, che nel 2004 giunge alla sua decima edizione.
Il collettivo ha realizzato in sette anni di vita circa 200 azioni, collaborando nella realizzazione dei suoi progetti con artisti come Tania Bruguera e con l’istituto Superior de Arte.