Ho pensato che non sarebbe stato male rileggere alcuni passi de’ Il Principe e traslarli in sede artistico curatoriale: siamo tutti convinti che il lavoro curatoriale costituisca un potere, per alcuni un potere malsano, per altri un giusto modello di gestione. Rimane il fatto che nel suo agire il curator, durante l’esercizio del suo lavoro, si misura con un’idea del potere che è in qualche misura un potere astratto o simbolico, ma è anche brutalmente concreto. Decide, assume, dispone, indirizza, localizza, e poi documenta, storicizza. Il lavoro del curator, oggi, è un lavoro che determina paesaggi culturali, individua aree di sviluppo, sostiene e rende visibili nuove emergenze: nel suo mondo rarefatto, esclusivamente tattico, il curator, in quanto persona di potere, se lo è veramente, è una specie di piccolo principe. Come questi è ammirato, riverito e poi miserabilmente attaccato. Quali affinità possono ritrovarsi nella politica di affermazione del suo potere con un classico del pensiero quale Il Principe?

 

# 1 – Lo schianto del paracadutista.

Coloro e quali solamente per fortuna diventano di privati principi, con poca fatica diventano ma con assai si mantengono: e non hanno alcuna difficultà fra via, perché vi volano; ma tutte le difficultà nascono quando e’ sono posti. (Machiavellli, Il Principe, ¶ VII).
Il paracadutista, chi non ne conosce una/uno? Quante volte ci siamo ritrovati pieni di stupore a seguito di una nomina improvvisa, o di un nome prima sconosciuto poi improvvisamente celebre ed in posizioni preminenti? Indubbiamente ciascun curator può essere considerato “paracadutato” quando occupa una posizione e maggiormente quando la posizione occupata è autorevole. Si tratta però, diversamente dal paracadutista, di un normale gioco di verifica e di equilibri di poteri che si muovono e si articolano in modo più o meno affine alle nostre stesse mire. Diversamente da ciò il paracadutato di professione è un rampollo d’alto rango, una bellona dalla vita ambigua, che improvvisamente si posizionano nel mondo scegliendo il ruolo curatoriale come sfogliando un album di acquisti per corrispondenza. Siate tranquilli. Il paracadutista è destinato a durare poco, così facilmente si è seduto sulla poltrona del potere, allo stesso modo, se privo di qualità, ne sarà scalzato. La spiegazione è semplice. Il lavoro curatoriale è complesso, esclusivo: non basta assumere l’ipotetico controllo attraverso sistemi falsificati. La durata del profilo curatoriale è possibile solo attraverso la stima di quanti forniscono il territorio di riferimento. Senza questo il curator è condannato ad una breve stagione. Ed è bene ricordare: perdere qualcosa è peggio che non averla mai avuta, ed in ciò consiste lo schianto del curator paracadutista.

 

# 2 – Vince chi rimane

Quelli e quali per vie virtuose, simili a costoro, diventano principi, acquistono el principato con difficultà, ma con facilità lo tengono; e le difficultà che gli hanno nello acquistare el principato, in parte nascono dà nuovi ordini e modi che sono forzati introdurre per fondare lo stato loro e la loro securtà. (Machiavellli, Il Principe, ¶ VI).
Il lavoro del curator non è mai stato una vera professione. Quanti la svolgono hanno dovuto inventarsela, hanno dovuto coltivare lentamente rapporti, storie, hanno dovuto relazionarsi con l’intero campo d’azione artistico, svincolandosi dai pregiudizi. Ma proprio per questo l’ascesa difficile segna il grado di complessità dell’azione curatoriale e la traduce in positivo, in qualità. In particolare sono proprio le difficoltà all’introduzione di nuovi strumenti curatoriali, siano essi metodologie, tecniche, o nuovi contesti artistici, a produrre il coefficiente di legittimità curatoriale. Difficile che un simile organismo possa costruirsi improvvisamente. Quando però abbiamo costruito con le nostre forze un profilo individuale, allora sarà difficile poterlo perdere.

 

# 3 – Il potere delle idee

E’ necessario pertanto, volendo discorrere bene questa parte, esaminare se questi innovatori stanno per loro medesimi o se dependano da altri; cioè, se per condurre l’opera loro bisogna che preghino o vero possano forzare. (Machiavellli, Il Principe, ¶ VI).
Il potere curatoriale si basa sempre su un sistema di idee cui ci si riferisce. Bisogna diffidare di quanti si illudono di sminuire la figura curatoriale interpretandola come uno sbocco al fallimento dell’arte. Se è vero che molti curatori hanno iniziato la loro carriera come artisti è anche vero che difficilmente i due ruoli si sono mossi sincronicamente. Il sistema curatoriale riconosce la creatività in quanto modello allusivamente riferibile al gesto curatoriale ma da questo sempre distante. La qualità del discorso curatoriale è semmai conseguente alla veridicità del progetto critico intentato; di breve durata se la presunta innovazione apportata proviene da altra fonte. Il sistema dell’arte è un campo minato. Qui le autostrade non sono molto sicure e si procede cautamente, si aggirano le mine, si piantano le bandierine che potrebbero aiutare ritirate strategiche. L’importante è resistere, vince chi rimane e punta sulle proprie forze, non chi sfreccia sul Mig. Vince chi sa difendere le sue posizioni non chi si difende con le idee di altri.

 

# 4 – Etica è equilibrio 

Non si può chiamare virtù ammazzare a sua cittadini, tradire li amici, essere sanza fede, sanza pietà, sanza religione: e quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria. (Machiavellli, Il Principe, ¶ VIII).
No, certo, non facciamo i moralisti, ma poi nella pratica del lavoro è necessario situarsi su percorsi che abbiamo visto pericolosi. Scivolare è sempre possibile. Spintonarsi mentre si fa la fila, o peggio pestare i piedi, sono incidenti che capitano. Oppure scivolare. Scivoloni che oggi molti fanno e anche volontariamente. Ma si sbagliano a pescare nel torbido. Sbandierare la propria immoralità totale, la mancanza di etica lavorativa non è mai un pregio. Ed il curatore scivola spesso nei tranelli della storia, uccidendo quanti ostacolano il suo percorso. Sono uccisioni metaforiche naturalmente, ma non per questo meno crudeli. Cancellare un nome da una bibliografica, ad esempio, è ammazzare. Cercare di spacciare una storia fortemente falsificata è essere senza fede, realizzare un percorso senza curarsi mai di nessuno solo per magnificare il proprio nome è essere senza pietà. Ma costruire un breve “imperio” non è vera gloria. Il curator principe ha classe e non può temere la concorrenza; riconosce gli altri perché senza di loro è destinato all’odio e alla solitudine.

 

# 5 – Militanza

Ma colui che arriva al principato con il favore popolare vi si truova solo, e ha intorno o nessuno o pochissimi che non sieno parati a obedire. (Machiavellli, Il Principe, ¶ IX).
Uno dei miti superstiti degli Anni settanta, la militanza, è poi divenuto compartecipazione, rapporto fiduciario fra curatore e artisti. Inoltre il modello del curator che combatte una guerriglia alla Celant è un modello superato anche negli sbocchi del sistema internazionale, dove oramai è consueto il sistema dei rapporti paralleli, simmetrici, fra differenti sistemi curatoriali. Non più il singolo difensore di una squadra, ma il progettista di nuovi sistemi contenutistici all’interno dei quali la struttura del lavoro è molto laboratoriale. Se il curator non ha scambi esaurisce la sua forza. Il modello attuale non prevede ripetizioni. Ricambio e nuovi contenuti sono il diktat. Si lavora ad una mostra come scrivendo un paragrafo di un libro. C’è un prima e ci sarà un dopo, ma non si ripeterà la stessa idea.

 

# 6 – Gli strumenti impropri

Queste arme possoni essere utile e buone per loro medesime, ma sono, per chi le chiama, quasi sempre dannose; perché perdendo rimani disfatto, vincendo resti loro prigioniero. (Machiavellli, Il Principe, ¶ XIII).
Tentare di affermarsi nel lavoro curatoriale con metodi artefatti è sempre una mossa fallimentare. Anche nelle peggiori condizioni di verifica il lavoro curatoriale sarà controllato da altri addetti ai lavori e giudicato solo per le “armi” ritenute proprie e non si fanno sconti. La crudeltà della critica che ciascun curatore riserba agli altri è sempre reciproca e realizza un buon modello di controllo. La stima per un percorso curatoriale non nasce all’improvviso e non si spegne per un passo falso: ma se ci si illude di falsificare le carte e usare strumenti occasionali, aiuti esterni, si sarà inevitabilmente scoperti. La qualità è ciò che si possiede davvero.# 7 – Gli strumenti propri
Debba adunque uno principe non avere altro obietto né altro pensiero, né prendere cosa alcuna per sua arte, fuora della guerra e ordini e disciplina di essa: perché quella è sola arte che si espetta a chi comanda. (Machiavellli, Il Principe, ¶ XIV).
Quanto detto al paragrafo # 6 si conferma ulteriormente nello statuto della professionalità acquisita. Ma proprio perché questa professionalità ha un carattere specificamente personale, difficilmente un curator potrà ritornare a ricevere la stima conquistata se deciderà di diventare un ulteriore attore del sistema, clonandosi professionalmente. La falsificazione non è uno strumento accettato, in particolar modo nei sistemi culturalmente evoluti, dove semmai l’estrema strutturazione dei ruoli caratterizza una determinata chiusura. Un curator che intervenisse nel sistema sotto forma di collezionista, di gallerista, di mercante, sarebbe destinato a concludere il suo ciclo nel campo curatoriale. Nessuna credibilità per chi gioca differenti personaggi nel modello di verifica reale.

 

# 8 – Curator culturale

Ma quanto allo esercizio della mente debbe il principe leggere le istorie, e in quelle considerare le azioni degli uomini eccellenti. (Machiavellli, Il Principe, ¶ XVI).
Diversamente da quanto si pensa il curator non è solo una macchina organizzativa e negli anni sarà sempre più evidente la sua mediazione all’interno degli ambiti del sapere. Il curator è quindi necessariamente molto informato; quando si esaurirà quest’epoca dalle atmosfere da “alla conquista del west” gli attori che rimarranno in piedi saranno quelli più informati a vasto raggio sulla realtà contemporanea. Letteratura, poesia, cinema, design, moda, musica, grafica, tecnologie, saranno l’arte del futuro in una commistione complessa. Chi vorrà esserci in veste attiva dovrà tenersi sempre informato e saranno confinati a ruoli marginali i manager stilistici, quei curator che si specializzano in singole forme dell’apparire. L’informazione non è solo guardare le pagine web ma vivere il proprio tempo con attenzione e intelligenza, praticare la conoscenza critica anche nello sguardo alle cose apparentemente stupide.

 

# 9 – Understatement

E’ più sapienza tenersi el nome del misero, che parturisce una infamia senza odio, che per volere el nome del liberale esser necessitato incorrere nel nome del rapace, che parturisce una infamia con odio. (Machiavellli, Il Principe, ¶ XVI).
L’idea di interpretare un ruolo di importanza strategica produce spesso nel curator la sensazione di dover essere sempre tollerante e libertario verso qualsiasi forma gli si sottoponga per paura di crearsi dei nemici. Il timore di sbagliare, la volontà a non interferire con le identità disarmoniche di quanti disconoscono il suo punto di vista, lo portano a considerare con magnanimità narcisistica anche ciò che disapprova. In caso contrario teme di essere marchiato dal timbro del carattere difficile, oscuro. Ma è questa la via per l’equilibrio. Disapprovare per vie disinteressate ma consapevoli fornisce una soluzione per poter procedere secondo i propri gusti senza scadere negli obblighi libertari, che portano inesorabilmente all’enfasi singola, allo stile. L’equilibrio di scelte sondate, la ricerca della qualità, possono certamente produrre un’immagine meno esaltante e apparentemente meno geniale, ma consentono di rimanere fuori dall’urlo egocentrico e narcisistico che ci fa poi prede dell’odio per chi non ci condivide. E qui vale quanto detto al # 2.

 

# 10 – Opere curatoriali

Nessuna cosa fa stimare uno principe quanto fanno le grandi imprese e dare di sé rari esempi. (Machiavellli, Il Principe, ¶ XXI).
Bisogna diffidare della gelosia degli artisti. Quando hanno poco carattere e si scontrano con la personalità curatoriale possono dire cose sgradevoli. Ma i grandi artisti non sono in competizione col curator e questa è la più grande conferma della qualità del loro lavoro. I grandi artisti sono persone illuminate, sconvolgenti e complicate, ma sul lavoro che li riguarda non possono essere miserabili, quindi non avranno mai problemi a sostenere il vostro progetto curatoriale se credono in quello che state proponendo. L’opera curatoriale non toglie nulla al lavoro dell’artista semmai offre ulteriori e più complessi significati a questo. Nuoce l’opera curatoriale a chi ha poco o merita poco. 
Pensare sempre di puntare al massimo. Se mirate ai vostri piedi non potrete colpire le stelle.

 

# 11 – Onore al merito

Debbe ancora uno principe mostrarsi amatore delle virtù dando recapito alli uomini virtuosi e onorare li eccellenti in una arte. (Machiavellli, Il Principe, ¶ XXI).
La lungimiranza curatoriale consiste nel sostenere l’opera di cui si parla e in cui si crede, nel mostrare il lavoro che interessa e di riconoscere le qualità dell’arte. Ma occore riconoscere meriti altrui, anche se non li si condivide, riconoscere le qualità più disparate, anche a se stessi discordanti. L’atteggiamento partigiano, di difesa ad oltranza di singoli e spuri fenomeni risulta sempre molto sospetto se non coadiuvato dalla stima verso l’altro. O si tratta di un’azione commerciale o è opera di un soggetto privo di ampie vedute. Ma allo stesso modo non bisogna mai dimenticare di essere il curator, e sbilanciarsi nei sottili equilibri può farci cadere nelle trappole dei mestieranti.

 

# 12 – On the air

Uno principe pertanto ebbe consigliarsi sempre, ma quando lui vuole e non quando vuole altri; anzi debbe tòrre animo a ciascuno di consigliarlo d’alcuna cosa, se non gnene domanda. (Machiavellli, Il Principe, ¶ XXIII).
Il curator è sottoposto ad una serie di pressioni, in particolare quando si trovi a dirigere spazi e luoghi, quando programmi manifestazioni di una certa importanza. In questi casi bisogna sempre ricordarsi di essere lì perché si deve dimostrare qualcosa, non per fare da ripetitore di una eco distante o di una voce vicina. L’identità del curator è il suo potere, senza di questa non si è più nulla. Egli rimane aperto a captare i segnali del contemporaneo e può variare giudizio, ma non perché cade sotto le influenze altrui. Chiedere giudizi e informazioni, discutere su proposte ma poi decidere sempre secondo la propria coscienza e senza paura di scontentare. Ci sarà sempre qualcuno, in ogni caso, che avrà da ridire. Ciò che si può perdere nell’immediato si guadagnerà alla lunga sotto forma di stima. La stima è la sola risorsa spendibile nel contesto globale.

Luglio 2008