Non c’è dubbio che la scelta del duo Allora&Calzadilla per il Padiglione degli Stati Uniti fatta da Lisa Freiman sia stata coraggiosa. Non c’è dubbio che anche l’aver chiamato l’IMA -Indianapolis Museum of Art (con la sua curatrice senior che è appunto la Freiman) ad organizzare la mostra, sia stata una scelta altrettanto coraggiosa. L’Indiana è uno stato periferico e davvero poco amato dagli stessi americani che lo definiscono “fly-over State”, cioè uno stato che si sorvola “coast to coast”, da est ad ovest, senza che qualcuno abbia voglia di atterrarvi, a meno che non sia appassionato di gare automobilistiche.

La Freiman ha scelto Jennifer Allora, americana, e Guillermo Calzadilla, cubano, che vivono a Porto Rico, controverso territorio a sé, che si autogoverna, non incorporato agli Stati Uniti, neanche culturalmente, tanto che l’inglese viene insegnato come lingua straniera. E non è poco per un’America che è stata straordinaria perché ha voluto un nero come suo Presidente, ma ha poi preteso che esibisse il suo “long form birth certificate”, cioè il certificato di nascita completo, per avere la certezza che fosse davvero nato alle Hawaii, come ha sempre sostenuto, invece di chissà dove, magari fuori dai territori statunitensi.

Come se non bastasse, il duo ha voluto titolare il padiglione Gloria, una parola che si scrive nello stesso modo in italiano e in spagnolo, la lingua del loro luogo di appartenenza. “Ci piaceva dare un nome femminile e in spagnolo – hanno detto – Tutte le opere sono marcate da uno spirito di attività critica e di profanazione”. Perché loro, che lavorano in coppia dal 1995, contaminando mezzi visuali, sonori, spaziali, dalla performance, alla musica, video, fotografia, scultura, oggetti ready made, sono soliti innescare una catena di associazioni metaforiche e metonimiche e relazioni concettuali e poetiche che fanno perno su temi relativi alla giustizia sociale, problemi della società consumista, temi geopolitici, come nazionalismo, confini, autorità, democrazia, globalizzazione, delocalizzazione. Ma il titolo Gloria, si riferisce anche, con indubbia ironia, al tipico spirito americano convinto con orgoglio, fino a non molto tempo fa, della grandezza militare, religiosa, economica, culturale, sportiva degli States.

Così all’esterno del padiglione su un enorme carro armato militare rovesciato è poggiata la macchina con il tapis roulant per correre in palestra, dove ad intervalli regolari, nei giorni del vernissage, si sono esibiti alcuni atleti famosi, come Dan O’Brian, il quattro volte campione del mondo di Decathlon. Mentre il tapis roulant è in funzione, il cingolato sprigiona un rumore assordante di ferraglia quasi fosse in procinto di autodisgregarsi. Un chiaro messaggio antimilitarista per quest’opera, non a caso intitolata Track and Field, ironicamente esorcizzato con l’esibizione della maniacalità tutta americana del fitness e assolutamente al passo con i tempi, visto il recente desiderio espresso da Obama di ritirarsi dall’Afghanistan.

Un tema analogo ricorre all’interno, dove all’ingresso ci accoglie una copia dell’ottocentesca Statue of Freedom, quella che sta sulla cupola del Campidoglio di Washington (la sede ufficiale del Congresso degli Stati Uniti e il cuore simbolico di tutta l’America dove vengono esibite le bare dei presidenti morti avvolte dalla bandiera). Con un gesto di duchampiana memoria, Allora&Calzadilla detronizzano la statua neoclassica che qui giace su un lettino abbronzante, quasi fosse anch’essa in una bara. Un monumento simbolo decontestualizzato, dissacrato, umiliato alla consuetudine di un qualunque americano medio che sente il bisogno, per apparire in pubblico, di presentarsi in forma, bello e in salute.

Nelle due sale simmetriche laterali delle comode poltrone, come quelle usate in business class sugli aerei di linea statunitensi, funzionano da trave d’equilibrio per i movimenti di straordinari ginnasti (anche qui è da segnalare la campionessa medaglia d’argento alle olimpiadi di Pechino 2008 Chellsie Memmel) che con coordinazione, fluidità e flessibilità perfetti compiono le loro elastiche piroette come se fossero nella loro palestra personale (Body in Flight-Delta, Body in Flight-American). È ancora una modalità per Allora&Calzadilla di marcare tanto la retorica nazionale dell’industria aerea, quanto le feticizzazione neoliberale degli affari e della finanza che si servono di businessmen.

Il tema della finanza riemerge in un’altra sala, interamente occupata da un gigantesco organo a canne che al posto della tastiera per essere suonato ha un vero e proprio bancomat: quando digitiamo i nostri numeri segreti per prelevare i soldi, l’organo inizia a suonare una musica specifica proprio per quella sequenza numerica (non a caso il titolo è Algorithm).

Nell’ultima sala c’è un video, composto da due schermi sovrapposti, girato nell’isola di Vieques di fronte a Porto Rico. Ciascuno riprende un paesaggio differente, ma i siti evocano luoghi di vittoria o di sconfitta nella lotta dell’isola per la liberazione dall’esercito americano di stanza lì con la sua U.S. Navy fino al 2003. In più i due video sono collegati da un’asta dove a turno dei giovani si attaccano atteggiandosi a bandiera umana. È ancora un modo per Allora&Calzadilla di affrontare il tema del rispetto dell’identità dei luoghi e del rifiuto di ogni politica colonizzatrice.

Lisa Freiman parla di “opere poetiche e sorprendenti” che ricordano “la frammentata, instabile e contraddittoria natura del mondo contemporaneo”. Ed ha aggiunto: “Sono interventi quasi surrealisti che intendono catapultarci in una contestazione delle narrative ufficiali. Tali gesti assurdi e paradossali ci implorano di riflettere sul rapporto tra arte, guerra, nazionalismo e competizioni atletiche”.

Non c’è dubbio che Allora&Calzadilla con le loro sei oper-azioni che toccano temi Politically Correct interpretino al meglio l’America di Obama, una nazione in declino, stremata dal debito pubblico, anche per i costi della sua politica neoimperialista, una nazione da ricostruire. “Riprendiamoci il Sogno americano”, ha appena invocato Barack Obama.

Dall’alto:

1 e 2 – Allora&Calzadilla, Track and Field, 2011

3 – Allora&Calzadilla, Armed Freedom Lying on a Sunbed, 2011

4 e 5 – Allora&Calzadilla, Body in Flight – Delta, 2011

6 e 7 – Allora&Calzadilla, Algorithm, 2011

8 e 9 – Allora&Calzadilla, Half Mast-Full Mast, 2011

Foto: Elisabetta Cristallini