Riferimenti web:

Real Accademia de España en Roma 
http://www.raer.it/

20eventi-Arte Contemporanea in Sabina
http://www.20eventi. eu/it/home/index.htm

Nel pomeriggio di giovedì 13 maggio 2010, presso la Real Accademia de España en Roma, si è tenuto il dibattito dal titolo Asole e risvolti, ultimo appuntamento del ciclo Il tessuto dell’opera d’arte, incontri che aprono la quinta edizione dell’iniziativa 20eventi-Arte Contemporanea in Sabina
Materia della discussione è stata principalmente la net.art; a partire da questa si sono sviluppati gli argomenti affrontati da Valentina Tanni, critica d’arte e curatrice, esperta in new media art, Nilo Casares, critico d’arte e curatore internazionale multimedia a Valencia, Flaminio Gualdoni, preside Comunicazione e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Brera e dall’artista – scienziato Luigi Pagliarini.

É il momento giusto oggi per fare questo dibattito, perché la net.art si trova in una situazione paradossale: da un lato è ancora poco conosciuta, dall’altro ha una storia che va avanti ormai da quindici anni e quindi già se ne può parlare da un punto di vista storico”; così Valentina Tanni ha introdotto la riflessione, che a partire da un intento prettamente didattico si è spinta verso considerazioni di ampio respiro sul sistema dell’arte e sull’estetica dell’oggetto artistico, questioni oggi tanto basilari quanto spinose.

Uno dei nodi centrali del dibattito: quello della legittimazione del fare artistico, sul quale la net.art getta una luce netta. Nilo Casares ha evidenziato come alla primaria domanda “cos’è l’Arte?” sia difficile se non impossibile approssimare una risposta esauriente. Preso atto di questa difficoltà, il critico spagnolo, che ha visto nascere la net.art e che se ne occupa sin dagli esordi, ha proposto di cambiare di poco direzione e soffermarsi invece sulla domanda “dove sta l’Arte?”. 
Compiendo questa sostituzione allora tutti sappiamo rispondere: l’arte si trova dove ci si aspetta che stia, nel museo, nell’Accademia Reale di Spagna, o in altri siti eletti a custodia e diffusione del fare artistico. 
Quando si è sviluppata la net.art, ha ricordato Casares, ci si è trovati davanti a qualcosa che stava dove non ci si aspettava che stesse e di conseguenza questa “cosa” non era considerata Arte, ma dopo appena cinque anni dalla sua nascita già si è iniziato a vedere che la net.art stava nei luoghi deputati all’arte: i musei, le istituzioni. Dunque è “diventata” Arte.

Interessante è il salto di tipo logico proposto da Flaminio Gualdoni per sciogliere la contraddizione insita nel fatto che una pratica è considerata artistica non in base alle sue caratteristiche intrinseche ma a seguito di una sorta di consacrazione che passa attraverso luoghi, persone, strumenti e apparati interconnessi che generano un sistema di monopolio, il quale da secoli seppur con metamorfosi evidenti ha la funzione di controllare, selezionare, qualificare o squalificare, disciplinare ed assegnare statuti di riconoscimento e che noi tutti (consapevolmente o meno) approviamo e sosteniamo. 
Il punto di vista sollecitato da Flaminio Gualdoni non guarda tanto alla sostanza o alla natura delle esperienze artistiche quanto alla loro ricezione; infatti “sappiamo tutti che ormai la vera controversia riguarda l’apparato istituzionale che codifica ciò che noi siamo proiettati a chiamare Arte ..qualsiasi cosa succede nel museo è Arte. La questione non è se una cosa è Arte oppure no, bisogna operare un cambio di livello logico e chiedersi se quando si affronta un’operazione estetica il riconoscimento del suo statuto come Arte sia essenziale o meno”. Le opere di net.art nascevano per stare in altro luogo rispetto a quello istituzionale. Il loro scopo non era quello di farsi accettare all’interno del sistema di omologazione. I net.artisti hanno deliberatamente scelto di porsi al di fuori, non in opposizione al sistema ma su un piano di voluta indifferenza. “Se oggi dovessimo scrivere un manuale di storia dell’arte”, ha continuato Gualdoni, “parleremmo pochissimo della net.art, perché pochissimo è nato per farsi amministrare come opera d’arte”. La domanda importante non è più “cos’è l’Arte?”, ma qual è stata la ragione dell’estraneità della net.art. Lo shock è derivato proprio dal fatto che questa pratica, pur agendo nel territorio artistico, non ambisse ad una “legalizzazione” e che neanche si schierasse contro il sistema, mentre fino ad allora l’atteggiamento era sempre stato quello di “affermazione/opposizione”. Un esempio è quello apertamente antagonistico dell’avanguardia. Bisogna quindi chiedersi se sia sensato usare dei codici di lettura che derivano dalle avanguardie nel momento in cui ci sono delle discontinuità vistosissime con le stesse e che rischiamo di perdere di vista. Neanche ha senso chiedersi se la net.art sia viva o morta, perché in ogni caso il suo potenziale linguistico è ancora enorme, proprio come quello delle Avanguardie, cui non l’attuale lavoro di sistemazione storica ma la comprensione di ciò che hanno acceso è ancora in una fase superficiale.

È così affiorato anche il tema della morte della net.art. Senza dubbio un’esperienza conclusa secondo Nilo Casares. Un’esperienza che parlava della connessione tra persone, tra cose, tra strumenti… concetto nuovo negli anni Novanta ma forse già “digerito” oggi che viviamo quotidianamente e costantemente connessi gli uni agli altri. D’altra parte, come ha osservato Valentina Tanni, c’è chi dice che siamo nel “post-internet art”, ma certamente la situazione è nebulosa se si considera che si creano espressioni come questa invece di nuovi strumenti di analisi adeguati al panorama attuale.

L’ipotetica morte della net.art tuttavia non esaurirebbe l’importanza dell’elaborazione del fenomeno della connessione. 
Luigi Pagliarini ha preso in considerazione proprio tale aspetto meno artistico del movimento: dal 1994 questo gruppo di artisti (e non solo, proprio perché la net art si situava al di fuori del contesto artistico) ha creato una nuova forma di inconscio collettivo, ha effettuato una sperimentazione antropologica fondata sui nuovi media. Abbattendo la censura tipica dell’informazione mediatica tradizionale, ha condotto una battaglia culturale e umana oltre che artistica, una ricerca sui nuovi metodi di comunicazione. “La cosa più interessante è stata il mescolare la comunicazione tramite internet, il cellulare e gli altri mezzi tecnologici a disposizione con la realtà. La realtà ha corroso la virtualità. L’ arte della comunicazione tramite la connessione ha iniziato ben presto a subire influenze da parte del reale e dell’intelligenza artificiale, iniziando una comunicazione ibrida tra essere umano, macchina e realtà. La net.art ha subito metamorfosi uscendo dalla rete”. Allora forse la decostruzione sistematica del sistema dell’arte le è appartenuta sia grazie alla democraticità dello strumento che alla versatilità del suo agire.

Il mezzo come elemento cardine del movimento è stato esaminato anche da Flaminio Gualdoni. 
L’ambiente artistico tradizionale è uno spazio che non ha mai promosso operazioni tecniche nuove, ma che se ne è sempre appropriato: “man mano che dei nuovi linguaggi diventavano pratiche disponibili se ne faceva un uso artistico, ma la pratica nuova diventava pratica artistica perché praticata da qualcuno che era già un artista”. Invece l’arte basata sulla tecnologia funziona come l’artigianato, l’oreficeria per esempio: è necessario che l’autore disponga di una reale competenza tecnica per ottenere qualcosa. Si può fare un brutto quadro, senza saper dipingere, e dire che è bello, ma bisogna saper fare per poter fare un’opera di net.art. A partire da un solido know-how i net.artisti hanno scosso il sistema che faceva funzionare il “brutto film creativo”.

All’interno dell’Accademia Reale di Spagna la questione si è ulteriormente sviluppata intorno a questi temi. 
Il net.artista è necessariamente detentore di una competenza tecnica ampia e accurata? 
Nilo Casares ha suggerito che un net.artista può copiare e incollare componenti dai siti di qualcun altro ed ottenere una nuova versione on-line dalla combinazione degli elementi senza avere idea di come gli oggetti usati siano stati creati… un artista impegnato nell’uso del dispositivo tecnologico può produrre qualcosa a partire dal non sapere come una cosa si faccia; si dice ad esempio che l’originalità dello stile di Jodi.org derivi dai ripetuti errori commessi dal duo nel tentativo di eseguire determinate operazioni.

Il dibattito Asole e risvolti ha parlato di un nuovo territorio di cui ci sfuggono i confini, di una pratica artistica che ha indagato e sviluppato un nuovo linguaggio, indugiando sulle sue molteplici proprietà, che ha fatto emergere approcci inediti all’oggetto artistico e che, come ha detto Valentina Tanni, è stata la prima che ha seriamente preso in considerazione la questione dell’interfaccia, essenziale nell’epoca in cui viviamo. 
Non si tratta qui solo dell’interfaccia uomo-macchina, ma di quella con l’intero corpus dei mezzi d’informazione. Con opere come Nike Ground degli 01.org, la net.art è uscita dalla rete, giungendo forse alla morte o forse ad una feconda metamorfosi, in entrambi i casi rimanendo concettualmente tuttora molto viva .

Dall’alto:

Veduta esterna della Real Accademia de España en Roma, foto scattata da Oliver-Bonjoch

Immagine di jodi.org

Nike Ground degli 01.org