Web:

TAM, The Alternative Museum 
http://www.alternative
museum.org/

Ars Electronica Centre di Linz
http://www.aec.at/

Fishouse
http://www.fishouse.it/

Auto-Illustrator di Adrian Ward
http://www.auto-illustrator.com/

Maurizio Bolognini
http://www.bolognini.org

 

Con le possibilità comunicative offerte dalla multimedialità, dall‘organizzazione rizomatica e non gerarchica dell’ipertesto, dall’interattività, dal web e dalla rete, anche l’arte ha subìto un cambiamento profondo. Si sono sviluppate e moltiplicate nuove forme espressive e artistiche, accompagnate da specifiche terminologie che ne tentano un’utile, seppur approssimativa, categorizzazione. Prima di addentrarsi nella trama delle sottili differenze e delle definizioni che accompagnano il veloce proliferare della new media art, bisogna necessariamente premettere che i termini e le categorie proposte non intendono essere esaustive o universali. Il significato di queste parole risiede esclusivamente nel sotteso accordo tra persone; con il confronto ed il dialogo i significati si evolvono e cambiano nel tempo. Nonostante questo, le tante manifestazioni artistiche o estetiche scaturite dall’impiego delle tecnologie informatiche tendono a distinguersi tra loro. Pertanto, per iniziare, si può prendere in esame quell’arte in rete che, inaspettatamente e pur avvalendosi di strumenti tecnologici e recenti, è per molti aspetti continuativa della tradizione. La continuità non dovrebbe stupire, dal momento che lo schermo del computer è rettangolare come fosse una tela, che i software grafici simulano il processo della pittura e del disegno, che molto spesso si emulano le forme artistiche precedenti alla nascita del computer e che usualmente le nuove tecnologie vengono solamente usate per diffondere contenuti preesistenti.

Quest’ultimo atteggiamento si concretizza perfettamente nell’art on the net, un fenomeno per cui il sito web diviene una specie di museo virtuale tramite cui osservare, cercare, persino comprare e vendere opere, spesso senza che le possibilità estetiche del mezzo (il computer, il software, la connessione) vengano in qualche modo considerate ed espresse (almeno ad un livello esplicito e cosciente). Un esempio è il sito del TAM, The Alternative Museum o quello dell’Ars Electronica Centre di Linz, dove è possibile sia informarsi riguardo a progetti, mostre e installazioni che vedere lavori on-line di vari artisti. In effetti, si assiste in generale alla digitalizzazione dei contenuti di musei e gallerie, adattati per essere ridistribuiti on line. Museophagia(Raptus) del 1998 e Museophagia Planet Tour del 1999, sono opere di Maurizio Bolognini che evidenziano splendidamente questa tendenza “a consumare i musei”.

La valenza estetica di un sito web, invece, viene presa in considerazione dalweb design, che è un’importante manifestazione tangibile dettata dall’uso delle tecnologie digitali. Anche il web design, però, è concettualmente affine alle idee tradizionali di arte e creatività, perchè si limita ad una sorta di “poetica dell’immagine”, applicabile anche a quadri e film, piuttosto che ad una “poetica del codice” o “poetica della connessione”. Non sono le dirompenti novità pratiche e concettuali del linguaggio di programmazione e delle possibilità offerte dalla connessione ad essere oggetto di tale ricerca estetica, ma il prodotto ultimo della programmazione e del networking, riconoscibile e fruibile da tutti, cioè il sito web costituito da immagini e testi che vediamo incorniciato nella nostra finestra del browser. Comunque, un problema peculiare che i web designers si pongono è quello dell’interfaccia uomo-computer; cercano cioè di comunicare il più efficacemente possibile e non soltanto di generare un impatto visivo positivo dato dalla bellezza dell’aspetto grafico. Il web design è al centro di un interessante dibattito tra chi lo riconosce come espressione artistica e chi ritiene invece che non lo sia. Secondo Alessandro Orlandi, artista e fondatore di Fishouse, il designer è un artista a tutti gli effetti ed il produrre in serie dei progetti è un’abilità ulteriore che gli è propria. In qualsiasi modo si voglia considerarlo, il web design ha mosso giganteschi passi, tanto da diramarsi in diverse “discipline”, come la grafica computerizzata in 3D, quindi la cyber art, creazione di ambienti di sintesi interattivi, o la flash art.

La flash art presuppone l’utilizzo di Macromedia Flash, un software molto diffuso che permette l’interazione tra l’utente e il sito, l’animazione delle immagini e l’applicazione di suoni. 
Particolarmente interessante è il fatto che la logica da seguire per utilizzare al meglio questo programma riconduca direttamente alla logica del cortometraggio, per cui gli elementi devono essere posizionati all’interno di fotogrammi posti in sequenza e le azioni si sviluppano seguendo una linea temporale rappresentata graficamente ed alcune delle cui caratteristiche possono essere decise dal flash designer. A dimostrazione della vicinanza con il mondo cinematografico è sufficiente pensare che il francese Laurent Marques, rivolgendosi all’uso di Flash e dell’Action Script (il linguaggio che è alla base di questo software), si è ispirato per il suo lavoro a registi come David Lynch, Akira Kurosawa, Stanley Kubrick, Andrei Tarkovsky. Questo palesa l’esistenza di una forte continuità con forme artistiche precedenti alla diffusione del computer e la vicinanza è tale che sempre più frequentemente Flash è usato per realizzare i cartoon secondo le stesse modalità dei cartoni disegnati a mano.

Quel che s’inserisce a pieno titolo come punto di svolta nella nostra tradizione artistica è in realtà insito in tutte queste nuove forme espressive, per il semplice fatto che per realizzarle c’è la necessità di usare un software. Considerando che per realizzare un sito web o anche solo un’immagine digitale è necessario l’uso di un programma, accade di fatto che spesso sia considerata espressione artistica non più il prodotto ultimo dell’azione creativa, ma la creazione o la deformazione del software stesso che ne permette l’esistenza; questo è, appunto, l’oggetto della software art. Ci si sposta dal prodotto ultimo al processo generativo. Un buon esempio di software art è Auto-Illustrator di Adrian Ward, una deformazione e riformulazione delle funzionalità di un software di largo consumo (in questo caso di Adobe Illustrator, un programma di grafica vettoriale), che ironicamente svela la standardizzazione nell’uso del software originario. Il significato della software art, però, non va ricercato nella modifica di un noto programma preesistente per ottenerne una versione alternativa da usare; il fatto è che l’artista lavora consapevolmente con il codice. Il codice è come un testo scritto e, come avviene per la scrittura tradizionale, esiste una vera e propria poetica di esso. Una legittimazione epocale della software art è stata la vittoria di Linux, nel 1999, al festival dell’arte elettronica di Linz. Linux è un sistema operativo open-source che rende disponibile il suo codice per poterlo liberamente modificare e personalizzare. Per la prima volta, non soltanto un software è stato riconosciuto come opera, ma è stata anche considerata la migliore tra le opere presentate.

All’interno del panorama delle recenti espressioni di new media art, esiste un’altra forma d’arte che, come la software art, si confronta con il codice e con il cambiamento dei rapporti tra artista, opera e fruitore, cioè la web art.

La web art si differenzia dal web design perché non presuppone la realizzazione di un prodotto finale funzionale all’uso pratico. Un web designer può essere un artista di web art, ma solo nel momento in cui non è più un semplice disegnatore di siti, nel momento in cui non è la valenza puramente estetica del sito ad avere rilevanza, ma la produzione di qualcosa che s’inserisce a pieno titolo nel discorso artistico contemporaneo. Ciononostante, la web art produce per lo più ipertesti a basso tasso d’interazione, cioè anche laddove la connessione ed il networking sono tematiche centrali, non si riscontra poi la reale capacità per l’utente di intervenire in maniera significativa sull’essenza dell’opera. La proposta di progetti interattivi ed il coinvolgimento dell’utente mutano la relazione canonica tra autore e spettatore, ma in definitiva non cancellano la differenza tra i due ruoli. Anche il rapporto dell’opera con il mercato rimane sostanzialmente invariato, la web art è fruibile in uno spazio espositivo tradizionale e può essere commercializzata con facilità.

Lo stravolgimento sia concettuale che pratico di queste “prigioni dell’arte” è uno dei pilastri su cui poggia la net.art. Quello che differenzia la web art dallanet.art è il fatto che la seconda non possa essere fissata su di un supporto fisico (come i floppy disk o i dvd) e quindi che l’opera di net.art, contrariamente a quella di web art, non possa esistere indipendentemente dal networking e dall’agire dello spettatore. La net.art esiste e si avvera solo nel momento dell’interazione. Tale differenza sorge in misura anche maggiore nei confronti dell’art on the net, che si allontana considerevolmente dagli intenti e dai modi sia della web art che della net.art perché, invece di stabilire una relazione con il net, non fa altro che documentare on line l’arte off line. La net.art, non a caso definita l’arte della connessione, indaga invece proprio la rete, il networking, il contributo del fruitore all’opera, che non è più solo fruitore ma creatore egli stesso. Certamente per tutta l’arte tecnologica la partecipazione dello spettatore è importante, ma la net.art ne manipola e ne rovescia il ruolo. Nella sua stessa struttura ed intima essenza, la net.art cambia i tradizionali rapporti tra opera, autore e fruitore, rapporti che nella web art, per quanto oggetto d’indagine, rimangono per lo più inalterati nei fatti. Alterato è anche il ruolo del museo e quello del mercato, perché non essendo possibile fissare su di un supporto un’opera di net.art, questa non può essere esposta né comprata. È dunque la net.art, tra tutte le forme artistiche presunte o reali che si avvalgono del web, l’unica che è reputata totalmente innovativa, perché cambia drasticamente la visione accreditata dell’arte, mutando in maniera sostanziale i concetti di opera e di artista, di spettatore, di strumento creativo e creazione, e perché spezza il canonico rapporto con il museo e con il mercato artistico. Con la parola net.art si presenta una vastità di progetti talmente diversi tra loro da rendere estremamente difficile illustrare la struttura univoca che li raggruppa nella medesima categoria. Infatti, la net.art può comprendere laweb art, può viaggiare sul WWW, come può esprimersi attraverso forme di comunicazione che non si avvalgono della rete, può essere flash art, web design, videoconferenza, e-mail art, Ascii-art, net-performance, software art, IRC (Internet Relay Chat), newsgroup, mailing list o può addirittura affermarsi tramite l’uso alternativo di semplici telefoni fissi o cellulari. La net.art non deve essere creata, veicolata e diffusa necessariamente attraverso Internet ma, essendo l’arte di fare network, può manifestarsi tramite qualsiasi mezzo che sia tangente alla telematica.

Dall’alto:

Eduardo Kac, Ornitorrinco, 1989

Etoy, Digital Hijack, 1996

Mascotte del Kernel Linux

Maurizio Bolognini, serie/series Museophagia, 1998

Animazione realizzata con Flash da Molleindustria – www.molleindustria.org

Un esempio di web design, homepage del sito www.kartell.it

Jodi, 404, 1996