Intervista a Susanna Majuri
Emanuele Rinaldo Meschini: Rispetto alla tua prima produzione, penso ad opere come Rising (2005) o Hide Tide (2006), hai cominciato una diversa rappresentazione del reale, o per meglio dire una sua trasformazione. I tuoi soggetti sono diventati sempre più onirici. A che cosa è dovuto questo cambiamento?
Susanna Majuri: Sono sempre stata affascinata dal mondo dell’immaginario. Fin dall’inizio ho cercato di unire la finzione con l’esattezza dei luoghi. I miei personaggi erano vestiti in modo tale da rafforzare il loro legame con il luogo. In qualche modo faccio ancora la stessa cosa ma il mio lavoro è cambiato indagando maggiormente la realtà immaginaria. Dipinti d’acqua con me, uniscono personaggi e paesaggi insieme. Nascondono e rivelano. Un’opera come Saviour è stata la prima di questo tipo. Volevo costruire case sott’acqua ed invece ho iniziato ad affogare luoghi. Lo sfondo di Saviour deriva dall’Islanda, li c’è una capanna bianca nella quale si può trovare rifugio quando il tempo cambia.
E.R.M: Le influenze artistiche, quelle storico-artistiche, sono presenti in molte delle tue opere soprattutto nell’organizzazione spaziale e nella disposizione dei personaggi. Quanto ritieni che sia importante il lato storico nelle creazione del contemporaneo?
S.M.: Il mio modo di pensare deriva dalla letteratura, la musica, prende corpo, acquista una sua storia personale ed un suo pensiero visivo. È tutto fuso insieme. Io non cerco di imitare consciamente la storia. Cerco di seguire la logica dei pomi scritti dentro di me. Io scrivo con la macchina fotografica. C’è un senso poetico nell’essere vulnerabili.
E.R.M: Il tuo ciclo Nordic Water Tales – anche se questo non è il vero nome del ciclo quanto piuttosto quella della mostra a Francoforte (Adler, 2011) – mette in luce non solo le tue doti “immaginative” ma anche quelle tecniche. Mi puoi spiegare come disponi i tuoi personaggi o come organizzi la composizione delle tua opera?
S.M.: Questa domanda mi viene posta frequentemente. Questo serve anche a me in quanto mi dà l’opportunità di pensare all’intera questione. C’è un’intuizione che prende spazio e vita. Alcune delle soluzione spaziali vengono cercate in relazione al loro processo di comprensione all’interno dell’immagine. Un esempio è l’opera Gravity. A volte però i personaggi trovano autonomamente la loro strada scoprendo perfino me stessa, come successo per Tulva. È un’esperienza unica quando le immagini iniziano a lavorare da sole. Un miracolo.
E.R.M: In queste opere c’è un’influenza tradizionale, a mio avviso, del poema epico del Kalevala – penso ad un’opera come Mirror (2010) – ed allo stesso tempo un’influenza contemporanea. Queste opere rivelano infatti un forte carattere musicale, penso ai Sigur Ros. Come concili queste due modalità di ricerca?
S.M.: Ho un forte legame con la letteratura e la musica islandese. Sono anche una persona religiosa e “mitologica”. Penso che le tue domande cerchino la parte più primordiale del mio lavoro. Chi sta parlando in me e che tipo di voce ha lei o lui? Così ti rigiro la domanda, cosa ti fa pensare a queste influenze? Colui che sta di fronte ad un’immagine vede quegli elementi che in lui/lei risuonano maggiormente. Continuamente cerchiamo relazioni tra loro. Tali elementi parlano con noi con il linguaggio dell’incoscienza. Ci sono delle similitudini tra i sogni e la logica insita nel camminare dentro le immagini. Prendo in prestito le parole della poetessa svedese Tua Forsström: “I said it was a dream, because I wanted to stay”.
E.R.M: Tu rappresenti l’Helsinki School ed una interessante generazione di fotografi. Come giudichi il sistema dell’arte contemporanea finlandese, in particolare quello della fotografia?
S.M.: Timothy Person ha fatto un lavoro enorme affinché la fotografia finlandese diventasse così conosciuta. Così come Elin Heika e Anna-Kaisa Rastenberg del Finnish Museum of Photography, hanno fatto un grande lavoro. In Finlandia abbiamo artisti talentuosi e coraggiosi. Il successo di ciascuno di loro accende una stella in cielo che ci giuda affinché possiamo tutti brillare.
E.R.M: Recentemente hai esposto in Italia (Macula-Pesaro, 2013, Mc2gallery-Milano, 2012). Come è stato il tuo rapporto con l’Italia e come consideri il livello del contemporaneo in Italia?
S.M.: Sento di iniziare ad essere amata in Italia. L’ospitalità della mia galleria MC2 ha ricaricato le mie batterie. E sento anche di aver trovato amici sinceri. L’Italia mi ha dato nuove immagini ed è stata per me una fonte di ispirazione. Sono inoltre grata per la risposta che ho avuto dall’esposizione a Pesaro. Credo che le persone in Italia siano molto calorose ed amorevoli. La mia prima esperienza in Italia è stata durante Artissima nel 2009 quando la Galleria Taik decise di esporre le mie opere in Italia. C’è voluto un po’ di tempo per tornare ma alla fine eccomi qua a parlare dei miei buoni rapporti con l’Italia. Nel campo delle arti visive ho iniziato a seguire i lavori di Vanessa Beecroft quando avevo vent’anni. Altre cose che trovo familiari sono l’opera di Maurizio Cattelan, la filmografia e la letteratura, la consapevolezza dei pre-raffaelliti e loro influenze. Conosco poco della giovane arte italiana, ma sono curiosa.






Dall’alto:
Susanna Majuri, Mykines, 2007, 70x105cm. Digital c-print, Diasec. Courtesy l’artista
Susanna Majuri, Emilia, 2008, 90x135cm. Digital c-print, Diasec. Courtesy l’artista
Susanna Majuri, Saviour, 2008, 90x135cm. Digital c-print, Diasec. Courtesy l’artista
Susanna Majuri, Metsä, 2009, 90x135cm. Digital c-print, Diasec. Courtesy l’artista
Susanna Majuri, Raven, 2009, 100x150cm. Digital c-print, Diasec. Courtesy l’artista
Susanna Majuri, Magic, 2012, 100x150cm. Digital c-print, Diasec. Courtesy l’artista