Eccoci dentro, finalmente, dentro la dittatura degli Zotici. Nella dittatura degli Zotici non c’è più memoria, nemmeno la memoria “breve”, poiché si vive dentro il fluire dei bagliori elettronici, dentro le imperscrutabili trasmissioni finto democratiche dei mass media libertari. Gli Zotici comunque si sono annidati saldamente lì dentro e soverchiano col loro sguardo blu perbene ogni decisione con occhiuta decisione. Chi vuol esser lieto sia, chi vuol fare il poeta lo faccia, viviamo nella più totale libertà d’esistenza emarginata come parìa di una società inscaltrita nel suo rincitrullimento globale, più grave del riscaldamento e del buco dell’ozono ma di cui non si può parlare. Allora noi nuovi parìa della società Zotica, noi non ci parliamo più perché alla fine è più comodo illudersi che lo sterminio non ci riguardi e che nel silenzio ci si possa salvare. Dai campi di annientamento intellettivo della dittatura Zotica non ci salverà nessuna intelligenza e non ci salveranno gli americani, non questa volta, e forse neppure i cinesi. La dittatura degli Zotici è stata preparata con martellante disinvoltura dai mass media commerciali e politicizzati, ha prima scalfito la coscienza dei più deboli, che si sono gettati dentro le spire mortali dei loro aguzzini divenendone complici; infine ha demolito le resistenze vane, deboli, decadenti e soporifere di una intellighentia pseudodemocratica odiata per la sua supponenza dalle masse periferiche.

Nell’era Zotica la cultura è un nemico. Non è una novità, già negli anni Settanta del secolo appena passato era nata una corrente rivoluzionario popolare che si autoproclamava Contro Cultura, ovvero contro tutto ciò che la cultura rappresentava, alla ricerca della purezza istintiva. Contro i libri, il cinema, i discorsi, la politica. Contro tutto ciò che era culturalmente borghese o per l’appunto, pseudodemocratico e frutto di quella intellighentia che si proclamava giusta e lungimirante, ma poi viveva di ozio letterario e coltivava la discriminazione dal suo proprio campo per via di cancellazioni e recinti. Era naturalmente un progetto assai violento e grossolano e privo di cultura, privo di rappresentazione simbolica, quindi perdente. La Contro Cultura quando ha assunto posizioni sociali di condivisione, come in alcuni Centri Sociali, ha dovuto trasformarsi in Cultura Contro, palesando alcune connessioni, anche solo evocate, con il sistema all’interno del quale risiedere. Gli Zotici sono nati invece dal tabula rasa dell’intelligenza e nella trasmissione della cultura come elemento figurale, anamorfetico, del potere e della dominante economica. Lo storico dell’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli descrive bene il percorso di dominanza celebrativa dell’arte quando votata esclusivamente alla celebrazione simbolica del potere, un’arte che nella Roma Imperiale assumeva morfemi stilistici dall’Ellenismo più enfiato per piegarli ad un uso di mera proclamazione di potere e dominio. Allo stesso modo nella dittatura Zotica l’arte ha smesso i suoi friabili panni cenciosi da dottrina d’intelletto, ha smesso di frequentare un ambito e ha cancellato ogni banale “condivisione” oggettiva adeguandosi alle scelte imposte dal gusto Zotico. Che è gusto della sopraffazione, del fare bruto, della volgarità, della grossolana vigliaccheria, carburata nella pacchiana esibizione di soldi e di potere, abbigliato in divise bianche immacolate come le tuniche smaglianti dei senatori privi di senno dell’era imperiale. Immobili nel foro o formicolanti alla ricerca di nuovi impulsi economici, speculativi e parassitari. Il grande Zotico immoto con la sua maschera di cera del comando, pieno di colpa e per questo candido in ogni celebrazione del suo spirito greve, comando supremo privo di sensatezza. La dittatura Zotica nasce dalla desertificazione delle coscienze propositive, annichilisce il valore culturale e a questo sovrappone le icone simboliche dell’apparenza, un’eterna gioiosa giovinezza segnica che non teme graffi e lesioni demonizzando falce e martello, segni indifendibili di un’era qui mai esistita, e per questo facilmente identificati in astratto e demonizzati.
La dittatura Zotica dopo aver preparato il terreno con le sue facili promesse di un’epoca di piena consapevolezza libertaria ha proceduto ad una inesorabile e mai discussa analisi delle forze in campo, nella schedatura di ogni possibile individuo in funzione di un suo uso strumentale. Drenando le zone di ribellione sociale in quegli anni Novanta di frantumazione del potere postbellico, gli Zotici hanno strappato dalla loro amorfa negligenza l’ampia base qualunquista frustrata nelle ambizioni di normalità facendone i gregari precari e vacillanti di una struttura politica inscalfibile perché priva d’identità. All’arte che tentava di ridiscutere l’assedio con i mezzi che le erano propri era opposta un’idea vacua di successo e splendore sotto i riflettori del potere conclamato. Gli Zotici non sono lungimiranti, e non potrebbero esserlo proprio in virtù della loro azione anti culturale, poiché cultura è anche profondità nella storia e ricostruzione delle probabilità del futuro. Ma la loro azione pervasiva, aiutata dall’irrefrenabile populismo retrivo sorto a reazione della deriva pseudo democratica, ha conquistato il vuoto creato dall’azione giudiziaria volta a colpire la corruzione decadente, residuo dell’equilibrio glacido della Guerra fredda. In questo vuoto gli Zotici hanno creato la loro tana. Hanno accerchiato la cultura invisa ed odiata perché territorio di una intellighentia privilegiata e saccente, strangolandola lentamente, con perfida e vendicativa acrimonia.
Lì dove la frustrazione diventa potere, esercizio cinico e pubblicitario di un progetto di dominio assoluto l’arte assume le fogge ironiche e inquietanti dello sberleffo o dell’ignavia. Chi rappresenta al meglio gli anni di preparazione alla tirannia Zotica? Cattelan, un artista che gli Zotici amano perché forse non lo capiscono, e come potrebbero? Senza cultura non c’è arte e se Cattelan è un artista, e quindi se realizza opere, come di fatto avviene, gli Zotici non possono capirlo se non per via del suo esercizio dell’essere. E la prima opera di Cattelan, la prima opera emblematica è Strategie (1990).
L’era Zotica ha partecipato con entusiasmo a questa possibile risorsa, chiamata arte, traducendo il suo significato in “strategia per raggiungere il successo”, unico fine conclusivo del percorso terreno dell’umano nell’era Zotica. Cattelan non me ne voglia, sebbene io dubiti che ne possa essere informato e che possa attribuire a simili segni alcun valore. Ciò di cui si parla è l’arte nell’era Zotica, del suo significato e del suo segno in quanto celebrazione del potere e il lavoro di Cattelan, che piace anche a me che non sono uno Zotico, può essere assunto per verificare quali siano le caratteristiche dell’era che viviamo. Perché Cattelan è l’artista che riceve le lauree, e si presenta con le orecchie da asino, perché Cattelan si fa sostituire da Elio delle Storie Tese (Stefano Belisari) per presenziare la sua conferenza dibattito al MAXXI e questo “ci” piace, perché è dissacrante, come dissacrante è la sua opera. Ma è una dissacrazione che gli Zotici apprezzano particolarmente perché dissangua il senso del sapere e della cultura, divenendo emblematico evento simbolico di un’epoca che ha satrapizzato l’intelligenza, ha ridotto in poltiglia il senso del vivere civile, ha premiato la corruzione, i poliziotti violenti e assassini, lo sterminio della meritocrazia, la persecuzione della giustizia e della ricerca scientifica.
Di quale capitalismo liberista si parla oggi? Il senso di un vero capitalismo è nella libera concorrenza, nella fluidità sociale, nella meritocrazia. La dittatura degli Zotici, nella sua vendicativa e acre violenza, ha ritorto ogni significato sul senso della meritocrazia, ha partorito una gerontocrazia privilegiata piegando le migliori menti libere della società, dai giovani forniti di cervello pensante agli intellettuali militanti, saccheggiando ogni possibile risorsa. La politica degli Zotici ha proclamato la fine della libertà di stampa, la fine della meritocrazia, dissanguando le risorse in un continuum di editti che domani varranno come le leggi razziali di epoca fascista. La minoranza da aggredire, circondare, annichilire e sterminare non ha valenze di razza o di religione, ma coefficienti d’intelligenza: sono gli intellettuali, gli artisti, gli esseri pensanti e che avrebbero voluto continuare a farlo. Dissidenti contro l’ignoranza, quindi per l’apparato Zotico autentici irriducibili da cancellare, estirpare, condurre all’isolamento, e poi sterminare con la fame e la repressione poliziesca. D’altra parte superato un determinato coefficiente intellettivo nessuno potrebbe sostenere la validità di determinate politiche degli Zotici. Ma la disattenzione è figlia dell’ignoranza, l’indifferenza per le sorti altrui è nella legge per la sopravvivenza e così nel gulag degli intellettuali per anni abbiamo scrollato le spalle sui disastri che non ci riguardavano direttamente e adesso l’accerchiamento è assoluto.

Il gioco degli Zotici è questo, possiamo immaginare il sorriso spietato e cartonato del grande capo degli Zotici. Più simile alle dittature marxiste, la realtà spacciata dagli Zotici si rappresenta con il volto di un capo oligarca che ha le stesse fattezze di Ceau?escu , le stesse idiosincrasie e gli stessi appetiti. Di quale capitalismo parlano costoro, se sono la fotocopia a colori di una dittatura comunista? E qui il disarmo dell’intelligenza ha lo scopo di chiudere per sempre la voce alla dissidenza, quella che per sapere e cultura riconosce i simboli, i modi, di questo populismo che vegeta senza progetto galleggiando nei miasmi dei suoi fiumi inquinati e dei suoi corrotti propulsori. Quando l’olocausto sarà compiuto però non domandiamoci dove eravamo, non proclamiamo di non essercene accorti, come i miti borghesi germanici dell’era nazista. Eseguivamo, burocratizzavamo la banalità del male sguazzando nelle scorie di benessere elargite dagli Zotici di cui volenti o nolenti si è complici.

L’era Zotica è la vendetta della frustrazione sociale contro chi ha per anni fatto pesare una superiorità culturale che Cattelan ridicolizza. Ma non era ciò che caratterizza la demoniaca personalità di Hitler? Dalla frustrazione sociale derivata dall’oligarchia intellettuale postbellica del dirigismo democratico nasce l’odio verso la cultura, l’osannazione dell’uomo Zotico, brutale, che vede il mondo come giungla inospitale da dissanguare, salvaguardando la propria vita privata. La cultura accademica, quella tronfia dei baroni e delle baronessine saputelle che spopolano nelle “loro” università, ma anche la ricerca dei mille cervelloni inventivi e mai apertamente solidali con il movimento Zotico, la cultura degli intellettuali illuminati, dei registi, dei teatri, delle avanguardie scalcinate attive ovunque sono il Grande nemico. L’era Zotica che non sopporta alcuna devianza dal suo apparato di consenso ha inseguito a lungo la ristretta cerchia, ancora potente nella pubblica opinione, affamandola, insediandola con la strategia pervasiava del dividi et impera, consapevole dell’umana vigliacca natura di ogni minoranza protesa alla conservazione di un ruolo e di notevoli privilegi. E qui come sempre succede, quando una minoranza non ha spirito di coesione, quando non si manifesta solidarietà, la persecuzione vince. Così gli intellettuali hanno tradito, quando hanno pensato bene di cavarsela per furbizia, come impreparati a subire il ricatto e diventando da prede, persecutori. Piegata per sempre e ridicolizzata economicamente cedendo ai ricatti brutali imposti da una congiuntura dell’emergenza, la cultura si è arresa, prima scalfendo il suo corporativismo, infine soppressa nell’olocausto dell’intelligenza. I pochi sopravvissuti ne racconteranno la storia, quando l’era Zotica sarà finalmente finita.

Immersi come siamo nella conclusa tradizione di un’arte che è insieme istinto picassiano, io non cerco ma trovo, e travaglio concettuale duchampiano, l’object trouvé, ci ritroviamo assediati da un’arte che non nasce dalla ricerca ma dalla fortuna di chi trova picassianamente ed espone duchampianamente. Una risata di Cattelan, però, non seppellirà l’era Zotica. Seppellirà soltanto l’intelligenza.