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il
museo laboratorio d'arte contemporanea
pubblicazioni / luxflux proto-type arte contemporanea
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2.
Domenico Scudero, Manuale del curator. Teoria e pratica della
cura critica.
Collana Luxflux proto-type arte contemporanea, Gangemi Editore,
2004
335 pp., illustrazioni a colori nel testo, 21 cm.
ISBN 884920677-1 |
Indispensabile e onnipresente
in qualsiasi operazione che possa o debba definirsi artistica,
la figura professionale del curatore ha assunto negli ultimi decenni
un ruolo fondamentale. Nel Manuale del curator Domenico Scudero
ne analizza luci e ombre, seguendone l’evoluzione storica
e teorica, in un’ottica che non teme il politically s-correct.
Dal Salon alla cura creativa, l’autore risale in profondità
alle radici della questione. Narrando di come l’agognata
indipendenza dell’artista abbia contribuito a trasformare
le modalità di fruizione, rivelandosi il fattore determinante
nella nascita della cura espositiva. Da Courbet e gli Impressionisti
alle avanguardie - in prima linea Futurismo e Dadaismo –
l’esposizione diventa evento e canale privilegiato del messaggio
artistico: i pionieri di questo nuovo campo operativo furono proprio
Marinetti, Tzara e Duchamp. Investendo l’artista di una
piena libertà di riformulare le leggi della comunicazione,
le strategie connesse alla diffusione dell’opera diventano
inscindibili dal momento creativo. Mutano di fatto i tre elementi
costitutivi: relazione con lo spazio, ruolo dell’artista,
ruolo dello spettatore. Con le prime rassegne tematiche –
di cui l’Armory Show ed Entartete Kunst sono esemplificazioni
contrapposte ma affini nell’individuazione di un nuovo concetto
di esposizione, in quanto selezione, imballaggio, trasferimento
ed esposizione di opere – “mostrare” diventa
sinonimo di “individuare”: uno stile, una tendenza,
allo scopo di riconoscere e consacrare un movimento.
È soprattutto un problema di comunicazione: il nucleo significante
passa dall’oggetto esposto alle modalità di esposizione.
L’emergere in primo piano di un rapporto diretto fra artisti
e pubblico suscita una nuova esigenza di comunicare il messaggio
artistico nel modo più efficace e avvia una convergenza
fra arte e design. Allo spazio il compito di garantire l’assoluta
evidenza dell’oggetto: nasce così, da un intreccio
fra razionalismo costruttivista ed esigenze pubblicitarie, il
white cube. Espressione di un compromesso tra le ragioni dell’arte
e quelle del mercato, la galleria d’arte è, afferma
Scudero, il prolungamento del Salotto borghese, corollario dunque
della creazione di un mercato indipendente che di fatto rimane
la struttura portante del nuovo sistema artistico.
Con Documenta a Kassel si apre una nuova fase della cura espositiva,
esemplare per tutte le rassegne a venire. In parallelo si pone
l’esperienza di Marcel Broodthaers, protagonista della nascita
della cosiddetta arte di installazione: le sue casse d’imballaggio
in primo piano simboleggiano un problema sociale che sostituisce
la presenza dell’opera. Nasce l’idea del museo come
contesto che eserciti una propria azione estetica, poiché
“il contenitore è già in buona parte il contenuto”.
L’avvento del Concettuale, richiamandosi a Duchamp e alle
avanguardie, comporterà un tentativo di scavalcare l’intero
sistema organizzativo e curatoriale, affidando al critico il ruolo
di una cura silenziosa, descrittiva, che concede massima libertà
e fiducia all’artista. All’opposto Scudero colloca
la cura processuale, nella quale il punto di vista del curatore
determina il tipo di allestimento: When Attitudes Become Form
di Harald Szeemann privilegerà un approccio esistenziale,
riunendo artisti accomunati da un’omogenea visione del mondo.
Con gli allestimenti postmoderni l’attenzione si rivolge
al profilo individuale dell’artista, da cui consegue una
settorializzazione dei diversi ambiti artistici. Il curatore è
l’unico artefice della riconoscibilità di un sistema:
tenacemente avviato alla conquista del museo e della rassegna
istituzionale. La mostra diventa una vera e propria disciplina,
il curatore un manager con tutte le carte in regola. Con il compito
di rispondere alle esigenze del grande pubblico e di gestire la
nuova funzione museale, non più rappresentativa ma comunicativa.
Si arriva così alla cura creativa dell’ultimo decennio,
dove la fascinazione dello spettatore va di pari passo con la
caduta dell’autorità del critico, relegato al ruolo
di spettatore.
È nella seconda parte, dedicata a Teoria e metodo, che
si concentra la riflessione sulle strategie e i meccanismi di
potere che costituiscono la faccia nascosta ma necessaria del
sistema artistico e curatoriale. In un tempo in cui l’arte
è “funzionale alla tautologia enfatica del mercato”
il fenomeno più evidente è quello di un’afasia
della creazione: costretta nell’identità produttiva
dell’artista, essa segue spesso le logiche della riconoscibilià
mercantile. Nel tentativo di sfuggire al suo destino, l’arte
si fa allora interstiziale, volontariamente ponendosi ai margini
dell’esistenza e abitando i nonluoghi, le periferie dimenticate,
l’archeologia industriale. L’estetica del frammento
domina la produzione artistica attuale, nell’era della globalizzazione
l’arte si disperde nella complessità sociale e ideologica,
mentre i fenomeni di radicalismo e resistenza sono etichettati
come underground e privati della possibilità di intaccare
il sistema.
Il Manuale del Curator attraversa l’intera epoca contemporanea
scovando le strutture portanti della moderna concezione artistica
e/o (vista l’intercambiabilità concettuale) espositiva.
Nella consapevolezza di una necessità improcrastinabile,
quella di recuperare l’attività critica per ricondurla
ad unità con il contesto curatoriale.
Emanuela Termine |
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