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museo laboratorio d'arte contemporanea
pubblicazioni
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17. Giorgia Calò, Trilogia d'artista. Il cinema di Mario
Schifano.
collana Artisticamente. Documenti, Lithos 2004
89 p., XV tav. ill. b/n e colori; 21 cm
ISBN 88-86584-90-3 |
Scritto
e curato da Giorgia Calò, con contributi critici di Adriano
Aprà, Simonetta Lux, Domenico Scudero e Piero Spila, il
libro mira a ripercorrere agilmente l'iter cinematografico di
Mario Schifano. In qualità di pittore e di film-maker,
Mario Schifano racconta le proprie storie, traducendole non solo
su tela ma anche su pellicola. Dopo le prime sperimentazioni Schifano
realizza nel 1967 il cortometraggio Anna Carini in agosto vista
dalle farfalle. L'anno seguente comincia le riprese di Satellite
che insieme a Umano non umano e Trapianto, consunzione e morte
di Franco Brocani, daranno vita alla Trilogia.
Attraverso una panoramica sulle ricerche sperimentali del cinema
negli anni Sessanta, l'autrice introduce l'opera filmica di Schifano
nella categoria cinema d'artista, distinta secondo precisi parametri
espressivi: esaltazione delle caratteristiche dell'immagine fotografica,
assenza di trama o di un tempo narrativo, produzione e distribuzione
indipendenti. Attuando quello che Domenico Scudero definisce uno
"snodo teorico", come significativa proiezione nella
nuova realtà elettronica e digitale, Schifano compie il
passaggio dalla pittura al cinema traducendo i propri segni nel
linguaggio della macchina da presa, invertendo l'azione, già
consueta per l'artista, di prelievo dai linguaggi della comunicazione
di massa alla tela.
La costante ricerca di sempre nuove immagini è accompagnata
in Schifano dall'esigenza di riprendere obiettivamente la realtà
attraverso l'occhio della cinepresa, mentre in un secondo tempo
il montaggio contribuisce a una trasfigurazione della stessa realtà,
conferendo alle immagini quel valore aggiunto che dà forma
a uno sguardo instabile, fatto di sovrapposizioni visive e deformazioni
ottiche, di rumori e silenzi, di innumerevoli frammenti e lunghe
dissolvenze. Quello cinematografico appare come il mezzo più
adatto, per l'artista, a un'indagine sulla dinamica del moto futurista,
ben presente nell'opera pittorica di Schifano. È su questo
legame che si appunta il contributo di Simonetta Lux, inteso a
rimarcare l'indipendenza del linguaggio artistico di Schifano
dalla Pop Art, inquadrandone piuttosto l'appartenenza a una linea
o scuola italiana, che risale alla metafisica e al futurismo,
distinta quindi dalla cultura americana contemporanea. Segue una
pubblicazione integrale delle lettere spedite da Schifano a Calvesi,
durante il suo soggiorno a New York, tra il dicembre 1963 e il
luglio 1964.
Nell'ambito della produzione filmica dell'artista, Giorgia Calò
assegna un posto di primo piano alla Trilogia, caratterizzata
da una "visione a cannocchiale" che si dispiega nei
tre cortometraggi: "in Satellite muore la cultura occidentale,
risucchiata nel caos del vivere moderno; in Umano non umano assistiamo
alla morte del cinema attraverso la recisione dello schermo televisivo
per mano di un bambino apparentemente ingenuo; in Trapianto [...]
lo spettatore è di fronte alla morte dell'uomo". Come
suggeriscono Adriano Aprà e Piero Spila, il confronto di
Schifano con lo strumento cinematografico sembra trovare nella
Trilogia risposte divergenti: impossibilità di realizzare
una nuova espressione o necessità di superare gli attuali
limiti del cinema?
Emanuela Termine |
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