Bibliografia
AA.VV., Il Pinocchio di Emilio Greco, Caltanisetta, 1954.
P.C. Santini, Venturino Venturi, Firenze, 1969.
P.Consagra, Vita mia, Milano,1980.
G. Di Genova, Venturino Venturi: la ricerca dell’assoluto, Bologna 1983.
A. Bellozzi – C. Conforti, Giovanni Michelucci: catalogo delle opere, Milano, 1986.
P.C. Santini, C.L. Ragghianti, Emilio Greco, Lucca 1987.
M.Matteini, Pietro Porcinai: architetto del giardino e del paesaggio, Milano 1991.
AA.VV., I giardini del XX secolo: l’opera di Pietro Porcinai, a cura di M. Pozzana, Firenze, 1998.
A. Bechini, L’opera di Pietro Porcinai e la trasformazione del Parco di Pinocchio, Università Internazionale dell’Arte, Firenze, 2001.
K. Ducceschi, Il Parco di Pinocchio tra Arte Gioco Natura, relatore prof.ssa E. Cristallini, Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo, 2004. Notizie Utili
Ubicazione: Collodi(PT),
Collodi si trova a 5 Km da Pescia sulla Strada Statale 435 che collega Montecatini Terme a Lucca, uscita Autostrada A11, Chiesina Uzzanese.
Ingresso: a pagamento.
Orari d’apertura: tutti i giorni, dalle 8,30 al tramonto.
Informazioni:
Parco di Pinocchio: tel. 0572 429342, fax. 0572 429614;
Fondazione Nazionale Carlo Collodi, Villa Arcangeli I, 51014, Collodi (PT); tel. 0572 429313.
Sito web: www.pinocchio.it
e-mail: fondazione@pinocchio.it

Il Parco di Pinocchio, sito alle pendici del piccolo borgo toscano di Collodi Castello, si presenta ai nostri occhi come un’opera in progress, un parco-museo unico nel suo genere, nel quale arte e natura si fondono dando luogo ad eventi magico-evocativi che ricostruiscono per intero le vicende narrate dal celebre scrittore risorgimentale Carlo Collodi ne Le Avventure di Pinocchio. Storia di un burattino.
La storia della sua erezione è complessa e articolata, la prima parte, conosciuta oggi come Parco monumentale di Pinocchio venne inaugurata nel 1956 in seguito ad un Concorso bandito nel 1953 per volontà dell’allora Sindaco di Pescia, Rolando Anzilotti e dal Comitato per il monumento a Pinocchio da lui costituito nel 1951. La seconda parte, Il Paese dei Balocchi, fu inaugurata invece nel 1972; mentre del 1963 è l’apertura dell’Osteria del Gambero Rosso, un edificio su due piani sito all’ingresso del parco progettato dall’architetto razionalista Giovanni Michelucci. Al 1986 risale il Museo-Biblioteca “Laboratorio delle Parole e delle Figure” realizzato dal giovane architetto collodese Carlo Anzilotti sviluppando un iniziale progetto di Giovanni Michelucci.
Come vedremo, Giovanni Michelucci non è certo l’unico artista celebre ad aver operato nel parco, vincitori ex aequo, tra i numerosi partecipanti al Concorso per il monumento-ricordo di Pinocchio a Collodi del ’53, furono: l’illustre scultore siciliano Emilio Greco con il bozzetto del Pinocchio e la Fata, e l’eclettico artista toscano Venturino Venturi con la Piazzetta dei mosaici, progetto quest’ultimo coadiuvato dagli architetti Renato Baldi e Lionello De Luigi.
Il contestatissimo gruppo bronzeo il Pinocchio e la Fata di Emilio Greco, posto nelle immediate vicinanze dell’entrata del Parco monumentale di Pinocchio, con i suoi cinque metri d’altezza si erge prepotente dal terreno. Greco realizza una scultura dinamica dalle inusuali forme astratteggianti che fu accolta da alcuni giornalisti e critici del tempo con riluttanza e perplessità, dando adito ad un’aspra polemica. C’è chi accusò Greco di aver voluto omaggiare, non tanto il burattino Pinocchio, ma bensì la scultura d’avanguardia o peggio ancora la scultura stessa dello scultore Greco. Niente di più inesatto!
Per chi conosce l’opera di Greco, sa che l’artista siciliano ha qui volutamente ripensato e rivisto il suo stile formale. Il morbido linguaggio plastico delle sue voluttuose e sensuali donne nude, lascia il posto ad un linguaggio nuovo che dialoga in modo aperto con l’ambiente circostante.
Il Pinocchio e la Fata, modulata tra pieni e vuoti, sembra essere una scultura organica, una torre incantata all’interno della quale il ligneo Pinocchio magicamente si trasforma: da albero diviene burattino, per poi rinnovarsi e divenire, con l’aiuto dell’amorevole Fata dai Capelli Turchini, bambino per bene in carne ed ossa. La materia bronzea perde la sua tipica consistenza, per farsi nell’effige di Pinocchio legno scabro e tagliente, mentre nel disegnare l’elegante figura della Fata e del Colombo acquisisce, come ben osservato dal Ragghianti, una consistenza di perfezione epidermica che tende allo stremo del raffinato pellicolare.
Poco distante, immersa in una folta alberatura di lecci, è collocata la struttura quadrangola della Piazzetta dei mosaici di Venturino Venturi. Venturi sperimenta per la prima volta a Collodi la tecnica musiva. Con tessere vitree e schegge di marmo dagli effetti cromatici e lineari da vita ai personaggi della fiaba collodiana, la compresenza di colori a contrasto movimentano la superficie parietale che si articola e si scompone in piani sovrapposti. Le scene narrative sono raffigurate con scale compositive diverse, la narrazione è episodica e discontinua, la rappresentazione schematica, sintetica e incisiva, crea figure primitive dal forte impatto scenico. Venturi partorisce un’opera che va oltre il semplice complesso monumentale, crea uno spazio architettonico dalle accentuate valenze plastiche, che per essere goduto in pieno deve essere non solo fruito in modo contemplativo, ma deve essere socializzato, agito fisicamente. Come Emilio Greco, progetta un ambiente a misura d’uomo, o meglio, di bambino, dove, proprio i ragazzi, i veri protagonisti del Parco di Pinocchio, siano liberi di correre, giocare in uno spazio circoscritto e dinamico allo stesso tempo, un luogo magico dove, assieme allo spirito del suo artefice, si assolutizza anche la forma mentis del burattino Pinocchio.
Il Paese dei Balocchi vanta invece per la sua realizzazione, la collaborazione di tre figure professionali di fama internazionale: l’architetto e designer Marco Zanuso, autore del Grande Pescecane; lo scultore Pietro Consagra, artefice di ben 17 sculture rappresentanti i personaggi della fiaba; l’architetto del paesaggio Pietro Porcinai, curatore del progetto e della messa a verde dell’area.
Varcata la stretta soglia del Villaggio di Pinocchio, una costruzione in muratura celata all’esterno da alte siepi sempreverdi e da un rigoglioso trionfo di piante rampicanti, veniamo inaspettatamente introdotti nel cuore pulsante del Parco di Pinocchio, il Paese dei Balocchi, all’interno del quale gli episodi della fiaba concretamente prendono vita. Se il libro di Lorenzini è un contenitore a più livelli, un’avventura educativa suddivisa in tappe, un moderno romanzo di formazione all’interno del quale il discolo Pinocchio impara dai propri errori, anche noi qui come pinocchi mortali, siamo invitati a ripercorrere giocosamente lo stesso tortuoso e tormentato processo formativo.
Le piante selezionate da Porcinai, ricche di richiami simbolici, partecipano al racconto; appaiono fitte e austere lungo il primo tratto del parco, dove il leccio, pianta autoctona diffusissima in Toscana, con le sue alte siepi sempreverdi fa da scenario all’incauto e indolente Pinocchio mentre compie i suoi primi incontri significativi: si imbatte nel Grillo Parlante, scopre il Teatro dei Burattini e il temibile Mangiafuoco, incappa nella scellerata coppia del Gatto e la Volpe, prima come compagni d’avventura, poi sotto le vesti di avidi Assassini. La vista è celata dalla rigogliosa vegetazione, siamo invitatati curiosamente a incedere verso l’ignoto, e a scoprire man mano luoghi e personaggi. Appena superata la candida figura della Fata bambina, che ritrae nel bel volto la figlia maggiore di Pietro Consagra, l’atmosfera si fa finalmente più leggera e rarefatta, da qui in poi Porcinai fa ampio uso di due piante aromatiche, l’alloro e il pitosforo, che con il loro profumo intenso e pungente creano un forte senso di estraneamento, estraneamento ancor più accentuato, nell’ultima parte dell’area verde, dalla massiccia presenza dell’esotica pianta del bambù.
A congedarci dal parco è il Pinocchio che saluta di Pietro Consagra. Anche Consagra, come a sua volta Greco, per realizzare le opere di Collodi rivede profondamente il suo linguaggio formale; lui, scultore astrattista per antonomasia, infaticabile ricercatore di frontalità (leit motiv che lo seguirà per tutta la sua esistenza), inaspettatamente si abbandona qui ad un linguaggio pienamente figurativo. Il motivo di tale scelta radicale è sicuramente rintracciabile non solo nel tema letterario a lui caro, che con passione andava ad interpretare, ma è legato soprattutto a quelli che Consagra riteneva essere i fruitori ideali del parco, ovvero i bambini. Per loro crea figure familiari che gli permettano d’instaurare un approccio didascalico comunicativo immediato. Come nei Colloqui, serie scultorea coeva cronologicamente a queste sculture del 1963, l’artista siciliano vuol essere in grado di interagire in modo intimo e diretto con i piccoli interlocutori, per loro studia opere accattivanti capaci di essere vivificate e rese interattive da meccanismi e fotocellule. Queste sculture, nonostante non siano mai state meccanizzate, sono oggi il simbolo della “ricerca senza fine” e “dell’atteggiamento sperimentale” che da sempre animano l’arte di questo straordinario novatore.

Gli autori e le opere
Emilio Greco, Il Pinocchio e la Fata (1953-56);
Venturino Venturi, Alessandro Baldi, Lionello De Luigi, La Piazzetta dei Mosaici (1953-56); Giovanni Michelucci, L’Osteria del Gambero Rosso(1958-63), Il negozio di giocattoli (1981);
Pietro Consagra, Il Carabiniere (1963), Il Grillo-parlante (1963), Il Gatto e la Volpe (1963),
Gli Assassini (1963), La Fata bambina (1963), La Lumaca (1963), L’Albero degli Zecchini (1963), Il Serpente (1963), I quatto coniglietti neri con la bara (1963), La Fata grande (1963), Il Granchio (1963), La Rete del Pescatore Verde (1963), Il Ciuchino Pinocchio (1963), La Capretta (1963), Geppetto (1963), Pinocchio che saluta (1963);
Pietro Porcinai, Il Villaggio di Pinocchio (1973), Il Gran Teatro dei Burattini (1972), L’Osteria del Gambero Rosso (1972), La Casina della Fata (1972), Il Labirinto (1972);
Marco Zanuso, La Nave dei Pirati(1972), La Grotta del Tesoro (1972);
Marco Zanuso, Augusto Piccoli: Il Grande Pescecane (1972);
Carlo Anzilotti, Il Museo-Biblioteca “Laboratorio delle Parole e delle Figure”(1986).