Una peculiarità dell’arte degli ultimi decenni è il serrato intreccio tra opera/pubblico/luogo, inteso come spazio fisico non passivo e indifferente all’intervento artistico, ma interagente con esso. Da qui la tensione dell’arte ad uscire dalle riserve protette dei grandi musei alla conquista degli spazi esterni, dei luoghi della quotidianità della vita, dell’ambiente come luogo fisico, ma anche mentale e sociologico. Da qui l’arte che, con le sue pratiche ibridazionali multimediali e la sua tensione ad abitare lo spazio, si protende verso lo spettatore anzi, come dice Perniola, lo accoglie e lo possiede nei luoghi del vivere quotidiano: strade, sottopassaggi, viadotti, parchi, giardini, tutto potrebbe funzionare come una gigantesca installazione su scala territoriale con opere permanenti ed altre temporanee (non sorprendono quindi azioni performantive come quelle degli Stalker che con i loro walkscapes – eredi delle derives surrealiste prima e lettriste dopo – fanno dell’azione del camminare, del girovagare l’atto primario di trasformazione del territorio, come strumento estetico di conoscenza dello spazio, come pratica di intervento urbano che esplora e trasforma le aree meno qualificate, ma più vitali perché in attesa del proprio destino). Sempre più gli artisti realizzano opere site specific e richiedono opere in questo senso tanto i grandi committenti (pubblici o privati) che i piccoli collezionisti. Diversi gli esempi in Italia, da nord a sud. Nel solco della tradizione del mecenatismo privato si collocano esperienze come quelle di Egidio Marzona (che vicino a Udine, a Villa di Vergenis ha realizzato un parco giardino privo di confini di proprietà coinvolgendo grandi artisti internazionali, da Richard Long a Sol Lewitt), di Giuliano Gori (che ha compiuto un’analoga operazione a Celle, vicino Pistoia), di Antonio Presti (che a Fiumara di Tusa, in Sicilia, ha progettato e finanziato un parco di sculture all’aperto su terreno demaniale). In questi ultimi anni anche i grandi committenti pubblici richiedono per lo più interventi in questo senso, come è stato di recente a Torino per il PAV (Parco d’Arte Vivente) pensato da Piero Gilardi come impresa collettiva con opere ma anche workshop, laboratori, musica, teatro, dove sollecitazioni culturali e ambientali si ibridano con tecnologia ed ecologia perché il pubblico possa compiere delle esperienze creative; o come è avvenuto a Roma, a Milano e a Napoli nei progetti di riqualificazione delle metropolitane (con pannelli in mosaico a Roma, con mostre temporanee a Milano, con “passeggiate di arte e d’architettura” a Napoli); o, ancora, come accade da diversi anni in Toscana dove le amministrazioni comunali si sono costituite in rete promuovendo iniziative sul tema arte/architettura/paesaggio. L’arte fuori dal museo costituisce un complesso di azioni artistiche progettuali molto differenziato, dunque. Quello che manca è la sperimentazione dell’integrazione dell’arte con l’architettura, strada che era stata normativizzata dalla criticatissima legge del 2 per cento (varata nel lontano 1942, poi dimenticata e ripresa di recente da qualche amministrazione pubblica come quella romana). Un ultimo tentativo di integrazione è avvenuto proprio a Roma dove in un’area degradata e abbandonata della città, alla Magliana, gli architetti Piero Sartogo e Nathalie Grenon hanno realizzato una chiesa puntando su una “costruzione corale”, sul modello dei grandi cantieri medievali, chiamando ad intervenire otto grandi artisti (da Accardi a Mattiacci, Paladino, Kounellis). Si era invece tentata la via di integrare in un unico progetto in fieri arte/architettura/città a Gibellina, la città siciliana distrutta dal terremoto del 1968, e totalmente ricostruita sotto l’egida dell’arte da un illuminato amministratore locale, il sindaco Ludovico Corrao, e un grande artista, Pietro Consagra (un’operazione negletta dagli stessi amministratori che si sono succeduti dopo Corrao). Rientra in questa tendenza verso un’estetica diffusa e verso processi di ibridazione tra i segni dell’arte e quelli del territorio, della città, della natura il fenomeno dei parchi/giardini d’artista, molto diffusi in Italia centrale, tra Toscana e territorio dell’antica Tuscia. Si tratta di un microsistema collezionistico eccentrico ed indipendente che disperso e decentrato, lontano dalle metropoli, com’è, pone problemi di visibilità e di particolare fragilità dal punto di vista della valorizzazione e tutela. Ma è un fenomeno molto interessante, ancora poco conosciuto e studiato, si tratta di azioni progettate per siti specifici, di eventi in fieri, di interventi anche effimeri e deteriorabili in spazi aperti, che nel complesso si presentano come la proiezione delle idee, delle scelte culturali, degli affetti, dell’artista, insomma come la rappresentazione mentale del suo immaginario.