Note:

(1) Un happening del 1960 durante il quale Manzoni invitava gli spettatori a mangiare delle uova bollite all’interno del museo e firmate con l’impronta del proprio pollice.

(2) Damien Hirst con il suo intervento alla Biennale con Mother and child. Divided provocò uno shock generale alimentato anche dalla coincidenza con la scoperta dell’encefalopatia spongiforme bovina, detta volgarmente morbo della “mucca pazza”.

(3) I Gesti tipici sono stati più volte fraintesi perché letti come Pop art in riferimento ad un presunto richiamo alle immagini mediatiche.

4) Il quotidiano Il Manifesto ha simulato lo stile grafico dei Gesti Tipici precisando di aver ritratto Silvio Berlusconi “alla maniera di Lombardo”.

La pulsione al vedere è un fattore importante nell’arte, sapientemente sfruttato dall’artista o subìto, nell’imprevedibile rapporto con il fruitore. Infatti, alcune opere d’arte hanno la caratteristica di essere dotate di un’esteriorità che, oltrepassando le intenzioni dell’artista, copre il concetto che voleva essere espresso nell’oggetto creato ed esposto. 
L’immagine era evidentemente categoria assoluta per Gino De Dominicis, se al polso portava, al posto dell’orologio, uno specchio, con il quale vedere direttamente sul volto gli effetti del tempo. Infatti, l’artista anconetano intitolò una sua opera In principio era l’immagine, confutando la tesi biblica per cui “In principio era il Verbo” e proponendo una diversa prospettiva interpretativa.

In questo olio su tela è raffigurato un volto femminile; i colori sono alterati, i tratti minimali, le labbra piccole e in ombra, gli occhi innaturalmente spalancati e protesi nella visione. 
Con pochi tratti l’artista ha intaccato un assunto millenario e, stravolgendolo nel senso, ha esplicitato la naturale propensione dell’uomo a conoscere tramite la vista. 
La scopofilia dell’essere umano era stata già affrontata da altri artisti in maniera più indiretta, tra i quali Marcel Duchamp con Étant Donnés, un’opera che poteva essere fruita nella sua completezza solo spingendosi a spiare nel buco di una serratura.

Lo stesso Gino De Dominicis fu causa, senza volerlo, di uno scandalo nel mondo dell’arte contemporanea, che sfociò nella chiusura della sala in cui esponeva alla Biennale di Venezia del 1972. La visione di un disabile all’interno dell’installazione Seconda soluzione d’Immortalità (L’Universo è immobile) fu insostenibile per il pubblico e il reale messaggio che l’artista voleva comunicare rimase sepolto sotto un’apparenza fallace: un ragazzo affetto dalla sindrome di Down fu scelto dall’artista come campione dell’umanità, al fine di sottolineare la limitatezza percettiva e conoscitiva propria del nostro genere. Infatti, il giovane fissava una pietra in attesa di una trasformazione molecolare, che però avviene in tempi tanto lunghi da non essere percepibile nell’arco di una vita umana; fissava inoltre un cubo invisibile, simbolo di ogni elemento al di sopra delle capacità percettive umane. Infine fissava una palla di gomma bloccata nell’istante precedente al suo rimbalzo: una situazione impossibile per l’uomo che è impotente di fronte allo scorrere del tempo.

Pressappoco lo stesso effetto ottenne Maurizio Cattelan “impiccando” tre fantocci iperrealisti di bambini ad un albero nel centro di Milano: l’artista ottenne l’interesse mediatico e l’appellativo di “genio che sconcerta”, spingendo addirittura un uomo – suo malgrado spettatore – a tentare uno sfortunato smontaggio dell’opera considerata oltraggiosa ed immorale. Critiche alle quali Cattelan è abituato, avendo fatto della provocazione irriverente la propria cifra stilistica. 
La tendenza a conoscere tramite la vista ha spinto l’artista Bernard Bazel a dissacrare l’opera di Piero Manzoni e aprire una delle scatolette di Merda d’artista, nonostante la repulsione verso un contenuto che voleva essere tutto concettuale; la sola etichetta è bastata a nascondere le radici freudiane di quest’opera e la visione disgustosa ha reso ciechi gli spettatori, che non hanno visto, oltre ilpackaging, le relazioni orale-anale (scatoletta da alimentari e performance Consumazione dell’arte dinamica. Divorare l’arte (1) – contenuto fecale) e la riflessione sul passaggio educativo dalla coprofilia infantile all’interesse per il denaro dell’adulto (sacralizzazione delle feci elette ad opera d’arte – prezzo dell’opera fissato al valore corrente dell’oro).

E mentre gli azionisti viennesi hanno sgomentato il pubblico con le loro sanguinose performance nel tentativo di ritrovare una sacralità pura e autentica, e Damien Hirst ha fatto scandalo alla Biennale di Venezia con le sue mucche squartate a rappresentare l’origine malsana del nostro cibo (2), Sergio Lombardo, psicologo oltre che artista, ha invece sfruttato il potere esercitato dall’immagine nel processo di fruizione dell’opera. I Gesti tipici, finta Pop art “alla maniera di Lombardo” (3) (4), sono grandi tele raffiguranti sagome nere di uomini in posizione autoritarie. Scopo di queste opere era incutere un timore reverenziale in chi le guardasse, agendo a livello subliminale nel richiamare la figura del Super-Io. Lo Specchio tachistoscopico con stimolazione a sognarenascondeva invece al suo interno immagini-stimolo fruibili guardando l’opera, azione che coincideva con lo specchiarsi. 
Gioacchino Pontrelli, invece, evidentemente subisce a livello inconscio le immagini pubblicitarie delle riviste patinate e le riporta sulle sue tele cariche di effetti surreali, dovuti al filtraggio operato spontaneamente da una mente d’artista.

Che l’apparenza sia un riferimento fondante quanto fallace nella percezione, è la chiave di lettura della serie Beyond decorumdell’artista Iké Udé, fotografie e installazioni in cui le normali etichette di abiti e scarpe bon ton sono sostituite da annunci erotici. Se la parvenza perbene e rassicurante di Iké Udé inganna chi la vede, ma non la guarda abbastanza attentamente da scoprirla e smascherarla, quella deforme e perturbante di Chris Cunningham fa subito intuire che l’immagine può incombere sullo spettatore e prenderne il sopravvento. Infatti, nel video di accompagnamento al brano musicale Come to daddy di Aphex Twin, il regista ci ha mostrato il farsi carne dell’immagine video. L’immagine fuoriesce dal monitor come corpo umanoide e aggredisce il proprio spettatore.

È bastato molto meno a Gino De Dominicis per svelare la superiorità dell’immagine rispetto al concetto nel momento visivo; oltre a dichiararla nell’opera In principio era l’immagine, l’ha indicata nelle sue opere invisibili, azioni, fotografie, installazioni e sculture fatte di nulla, ma che, grazie ad una sorta di allucinazione collettiva, godono della più autentica aura.

Dall’alto:

Gioacchino Pontrelli, In Between #13, 2007, tecnica mista su tela, cm 110×130.

Iké Udé, Untitled #6, dalla serie Beyond Decorum, 1999, c-print su alluminio, cm 76,2×101,6.

Chris Cunningham, Come to daddy, 1997, video, durata 5’48’’.

Maurizio Cattelan, Untitled, 2004, tecnica mista, dimensioni ambiente, courtesy Fondazione Trussardi.