1_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 2_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 3_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 4_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 5_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 6_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 7_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 8_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 9_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 10_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 11_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 12_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 13_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 14_Aravegna_ Quinta Monroy_elemental-_ Foto Cristobal Palma 15 aravegna_ELEMENTAL-VILLA VERDE-ARQ.

Didascalie immagini dall’alto:

1-14 Alejandro Aravena, Quinta Monroy,(Cile), 2004, photo Cristobal Palma

15 Alejandro Aravena, Villa Verde projects, Constituciòn (Cile), 2010-2014

 

 

 

 

NOTE

1.Il progetto di Amintore Fanfani, per la realizzazione di 2 milioni di vani nell’edilizia popolare. L’iter parlamentare del progetto di legge prese avvio nel luglio 1948, presentato al Consiglio dei ministri da Amintore Fanfani (1908-1999), all’epoca ministro del Lavoro e della Previdenza sociale. A pochi anni dalla conclusione della Seconda guerra mondiale e a poco più di un mese dall’insediamento del V governo De Gasperi, con questa iniziativa il ministro intese in primo luogo affrontare il problema della disoccupazione, attraverso lo sviluppo del settore edilizio, ritenuto ambito capace di promuovere la rinascita economica dell’Italia del dopoguerra. Fin dal 1942 Fanfani era stato attento alla questione abitativa; nel suo testo Colloqui sui poveri, edito in quell’anno, affronta il problema della povertà nei suoi diversi aspetti sociali, sottolineando la centralità del degrado delle condizioni abitative nel determinare condizioni di miseria. In questo volumetto il giovane professore di economia affronta anche il tema della carità quale componente essenziale dell’essere cristiani. In questo ‘lungo dopoguerra’, il ministro proponeva un progetto – che non era l’unico predisposto in quegli anni con simili obiettivi – basato su teorie keynesiane mediate da una componente di solidarismo cristiano. (http://www.treccani.it/enciclopedia/il-piano-ina-casa-1949-1963_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Tecnica)/)

2.Biennale Architettura 2016 REPORTING FROM THE FRONT Testo di presentazione del curatore  Alejandro Aravena, in occasione della Conferenza stampa di presentazione della 15 Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, di lunedì 22 febbraio 2015, a Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne. La conferenza stampa è andata in onda in streaming su www.labiennale.org.

REPORTING FROM THE FRONT

In un viaggio attraverso l’America del Sud, Bruce Chatwin incontrò una signora anziana che attraversava il deserto portando una scala di alluminio in spalla. Era l’archeologa tedesca Maria Reiche che studiava le linee Nazca. Viste in piedi sul terreno, le pietre non avevano alcun senso; sembravano nient’altro che pietrisco. Ma dall’alto della scala, le stesse pietre formavano un uccello, un giaguaro, un albero o un fiore. (cfr. http://www.labyrinthina.com/maria-reiche-nazca-lines-theory.html) Vorremmo che la Biennale Architettura 2016 offrisse un nuovo punto di vista come quello di Maria Reiche dalla scala. Di fronte alla complessità e alla varietà delle sfide alle quali l’architettura deve dare risposta, REPORTING FROM THE FRONT si propone di dare ascolto a quelli che hanno potuto acquisire una prospettiva e che sono quindi in grado di condividere sapere ed esperienze con noi che stiamo in piedi sul terreno. Siamo convinti che l’avanzamento dell’architettura non sia un obiettivo in sé, ma un mezzo per migliorare la qualità di vita delle persone. Dato che la vita oscilla tra le necessità fisiche più essenziali e le dimensioni più immateriali della condizione umana, ne consegue che l’impegno per migliorare la qualità dell’ambiente edificato deve agire su molti fronti: dalla garanzia di standard di vita molto pratici e concreti, all’interpretazione e alla soddisfazione dei desideri umani, dal rispetto dell’individuo alla cura del bene comune, dall’efficienza nell’accogliere le attività quotidiane all’espansione dei confini della civiltà. La nostra proposta curatoriale pertanto è duplice: da una parte, vorremmo allargare l’arco dei temi ai quali l’architettura dovrebbe fornire delle risposte, aggiungendo esplicitamente alle dimensioni culturali e artistiche che già appartengono alle nostre finalità, quelle che si collocano sul lato sociale, politico, economico ed ambientale dello spettro. Dall’altra parte, vorremmo evidenziare il fatto che l’architettura è chiamata a rispondere a più di una dimensione alla volta, integrando una varietà di ambiti anziché scegliendo uno rispetto ad un altro. REPORTING FROM THE FRONT propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le disuguaglianze, le periferie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità. Propone altresì di presentare degli esempi di sintesi delle diverse dimensioni, dove il pragmatico si intreccia con l’esistenziale, l’attinenza con l’audacia, la creatività con il buon senso.Non è facile raggiungere un tale livello di espansione e sintesi; sono battaglie tutte da combattere. Il rischio sempre incombente di insufficienza dei mezzi, i vincoli spietati, la mancanza di tempo e le urgenze di ogni sorta rappresentano una costante minaccia e spiegano perché così spesso non riusciamo ad assicurare la qualità. Le forze che contribuiscono a dare forma all’ambiente costruito non sono poi necessariamente amichevoli: l’avidità e l’impazienza del capitale; o l’ottusità e il conservatorismo della burocrazia tendono a produrre ambienti banali, mediocri e monotoni. Sono queste le prime linee dalle quali vorremmo notizie da diversi professionisti, condividendo successi e casi emblematici nei quali l’architettura ha potuto, può e potrà fare la differenza”.

 

 

Grazie ad Alejandro Aravena, l’architettura ci torna vicino. Biennale Architettura di Venezia 2016.

Simonetta Lux

Grazie alla nomina di Alejandro Aravena a Direttore della Biennale Internazionale di Architettura di Venezia 2016, qualcosa ha cambiato marcia, nell’apparizione della manifestazione veneziana dell’architettura internazionale!

Chi l’avrebbe detto, dopo che nella Biennale Arte del 2015 il Direttore del Padiglione italiano all’Arsenale ci aveva propinato quell’indifferenziato atto di amore /odio per tutto ciò che è italiano che fu la inadeguata installazione multimediale del regista inglese Peter Greenaway? il quale prendeva due piccioni con un fava, pretendendo –lui amato maestro del cinema internazionale- di mescolare  -1-l’idea della cultura italiana intesa come un inestricabile pot-pourri -2- con la spericolata attribuzione di una ascendenza da Leonardo da Vinci di Jeff Koons, ad esempio, come se – direbbe Marcel Duchamp- “essendo dati il pot-pourri dell’Italian Art ed il sesso” tutto può essere accreditato!Bastava pagare, ci dicemmo.

Ecco invece il cambiamento di marcia: il presidente della Biennale ed inaspettatamente proprio il Padiglione Italiano parlano un’altra lingua.

In verità Alejandro Aravena era stato insignito nel 2012 del Leone d’Argento proprio alla Biennale Architettura di Venezia.

E’ la fine delle Archistar, ci ha detto il Presidente Paolo Baratta, ora parliamo tanto di voi, cioè di quanto l’architetto e l’architettura possono fare progettando per il bene comune, per le necessità ed i desideri degli uomini che sono fuori dal sistema finanziario dell’arte. E’ infatti il titolo del Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2016: TAKING CARE. Progettare per il bene comune, curata dai TAMassociati Massimo Lepore, Raul Pantaleo, Simone Sfriso. (http://www.tamassociati.org)

Il Ministro (dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini) ed il Commissario (Federica Galloni, Direttore Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane) del Padiglione Italia 2016 sono gli stessi (i finanziatori del Padiglione Italia), la linea è però diversa. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi quando il 28 maggio interviene all’inaugurazione della Biennale, porta con sé come messaggio d’adesione la firma (25 maggio) del provvedimento –che doveva essere emanato con la Legge di Stabilità entro il 31 gennaio 2016- “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie”.

Tra l’altro provvedimento inatteso e gradito dalla pattuglia artisti/architetti della lista Radicali per Roberto Giachetti che per le elezioni del 5 giugno di Roma avevano fatto proprio un piano cultura/casa/periferie.

Lo dobbiamo certo all’adeguamento realpolitik , del Ministro e del Ministero, ma anche all’appeal che la storia del Direttore Alejandro Aravegna non poteva non avere in un paese come il nostro che da quasi cinquant’anni ha dimenticato o lasciato sotto traccia i grandi progetti riformisti ed immaginifici del mondo dell’architettura ed il ruolo critico del mondo dell’arte per la costruzione di un immaginario politico rinnovato e progettante (da Bruno Zevi a Giulio Carlo Argan, da Italo Insolera a tutti quei magnifici designers  ( e per dirla con Greenaway aggiungeremmo tutte quelle cuoche e agricoltori) che hanno continuato a lanciare al mondo inspiegabili attraenti e buoni prodotti e manufatti.

Inspiegabili se pensiamo al feedback sempre di contrasto ai creatori e progettisti italiani da parte della classe politica italiana. Ci tocca risalire al piano lanciato da Amintore Fanfani, allora quarantenne Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, nel 1948, con la costruzione di 2 milioni di vani di edilizia economica e popolare (che si chiamò Il piano INA-Casa: 1949-1963, legge 28 febbraio 1949 nr. 43) ed il rilancio dell’ambito del lavoro edilizio: questi i due piccioni con un fava che ci piacciono.

E Alejandro Aravena non mi poteva non suscitare questa associazione di idee, se pensiamo che egli ha rappresentato in Cile una analoga possibilità di realizzazione di case popolari a prezzi bassissimi e belle, con una trattativa andata a buon fine con le amministrazioni politiche cilene. Egli ha   in seguito lavorato alla ricostruzione di Constituciòn dopo il terremoto del 2010 in Cile.

18_aravena-moral-responsibility_photo De Zeen bannerAlejandro Aravena, photo De Zeen magazine

17_Aravena_Villa-Verde_ Elemental incremental housing_ ton of ConstitucionAlejandro Aravena,Villa Verde Elemental “incremental” housing, Constituciòn (Cile), 2010

L’insediamento Villa Verde realizzato nella città di Constituciòn (Cile) dopo la sua distruzione quasi totale per il terremoto e tsunami del 2010. Il gruppo Elemental, di cui Alejandro Aravegna è l’ideatore e direttore esecutivo, opera con l’obiettivo di alleviare la povertà ed eliminare gli slums praticando un approccio partecipante che coinvolge le comunità locali fin dall’inizio del processo di progettazione delle abitazioni.

In questa Biennale egli si è ripromesso di rilanciare, appunto, col titolo Reporting from the Front, l’idea di una nuova prospettiva, considerando il carattere globale delle sfide che sono poi sempre quelle che affrontammo dopo la fine della seconda guerra mondiale, cioè casa, sanità, carenze abitative, crimine, desolazione, migrazione ed inquinamento.

Il suo progetto Elemental quasi ci rimanda a Bruno Zevi, con la sua mitica Storia dell’architettura moderna del 1950 e la Poetica dell’architettura neoplastica del 1953, libro sull’elementarismo olandese, che poi nutrì il pensiero di Filiberto Menna ne La linea analitica dell’arte moderna del 1975. Per la sua teoria di Elemental Aravena ha vinto quest’anno il Pritzker Prize: è consistito nella realizzazione di case popolari a base Elemental, come dice lui, ma anche Incremental: quest’ultimo termine, che ha determinato il carattere vincente dei suoi progetti e della trattativa con l’amministrazione pubblica cilena, si riferisce al fatto che l’amministrazione di fatto realizza la metà della necessità media di una abitazione per un famiglia media, prevedendo (come poi è avvenuto) che l’altra metà necessaria per un maggior comfort la avrebbero realizzata gli abitanti stessi, migliorando dimensioni e valore. Il primo è stato realizzato nel 2004, la Quinta Monroy in Cile, poi sempre in Cile nel 2013 e 2014 Barnechea e Villa Verde. In Monterrey a Mexico City è stata realizzata nel 2010. (Cfr.: http://www.dezeen.com/2016/04/06/alejandro-aravena-elemental-social-housing-designs-architecture-open-source-pritzker/)

Le tre indicazioni che nel 2008 dava Aravena alla autrice dell’articolo sulla rivista DE ZEEN erano:

“A. To think, design and build better neighborhoods, housing and the necessary urban infrastructure to promote social development and overcome the circle of poverty and inequity of our cities; B. In order to trigger a relevant qualitative leap-forward, our projects must be built under the same market and policy conditions than any other, working to achieve “more with the same”. C. By quality we understand projects whose design guarantees incremental value and returns on investment over time, in order to stop considering it a mere “social expense”.” (: http://www.dezeen.com/2008/11/12/quinta-monroy-by-alejandro-aravena/).

Aravena mantiene quanto si era ripromesso nell’enunciare nella conferenza stampa del 2015 il programma della Biennale da lui diretta:

«Siamo convinti – spiegava Aravena – che l’avanzamento dell’architettura non sia un obiettivo in sé, ma un mezzo per migliorare la qualità di vita delle persone. Dato che la vita oscilla tra le necessità fisiche più essenziali e le dimensioni più immateriali della condizione umana, ne consegue che l’impegno per migliorare la qualità dell’ambiente edificato deve agire su molti fronti: dalla garanzia di standard di vita molto pratici e concreti, all’interpretazione e alla soddisfazione dei desideri umani, dal rispetto dell’individuo alla cura del bene comune, dall’efficienza nell’accogliere le attività quotidiane all’espansione dei confini della civiltà»

La proposta curatoriale pertanto è duplice: «da una parte, vorremmo allargare l’arco dei temi ai quali l’architettura dovrebbe fornire delle risposte, aggiungendo esplicitamente alle dimensioni culturali e artistiche che già appartengono alle nostre finalità, quelle che si collocano sul lato sociale, politico, economico e ambientale dello spettro. Dall’altra parte, vorremmo evidenziare il fatto che l’architettura è chiamata a rispondere a più di una dimensione alla volta, integrando una varietà di ambiti anziché scegliendo uno rispetto a un altro.»

Dunque l’allargamento di temi, potremmo dire non più di moda, riattualizzarli e renderli visibili in questo mondo di sempre più povero e in un mondo tra le fiamme del terrorismo che vede distruzione e non costruzione: nel quale tuttavia, tanto e dal basso per iniziative individuali o di piccoli gruppi o umanitarie, si è voluto fare. Così la mostra attua una specie di screening mondiale su quanto gli architetti, insieme a medici, artisti, giuristi, hanno fatto e stanno realizzando. Citiamo ad esempio, col il nome loro dato nelle didascalie, L’AZIONE DI VAV STUDIO IN IRAN, L’IMPRESA DI SOLANO BENITEZ IN PARAGUAY (trasformare la scarsezza in abbondanza lavorando con i due elementi più facilmente reperibili, i mattoni e la mano d’opera non qualificata), L’ARCHITETTURA DELLE MISSIONI DI PACE DELLE NAZIONI UNITE, e tante altre.

Si parla della “impresa di” o “della azione di”: proprio la questione dell’iniziativa e dell’intrapresa, finalizzata a restituire ai cittadini la idea di poter cambiare le cose e realizzare una idea di bene vivere, bene abitare, bene godere è al centro della proposta dei TAMassociati nel padiglione Italia e nel bel

19_ TAM associati_Massimo Lepora, Raul Pantaleo, Simone Sfriso                                  i TAM associati, Massimo Lepore, Raul Pantaleo, Simone Sfriso

volume “POP” (come dicono loro stessi:” un linguaggio Pop per comunicare l’architettura”) TAKING CARE. Progettare per il bene comune, edizioni BeccoGiallo, Padova, printing Publistampa Arti Grafiche, Pergine Valsugana (Trento).

Ci propongono non un repertorio né un libro comune, ma un progetto di Azione che si dovrà prolungare per il futuro, fuori del Padiglione Italia. Secondo una articolazione in 3 punti: 1. Pensare il bene comune; 2. Incontrare il bene comune-Progetti; 3. Agire il bene comune- Progetti.

Su 2. Incontrare il bene comune-Progetti, TAM ha selezionato 20 progetti “sulle periferie dell’abitare”, non solo in Italia (tra questi, a parte l’impresa dei non scelti Stalker, di Roma – che peccato!-, amiamo in particolare il Parco dei Paduli, Parco agricolo Multifunzionale in provincia di Lecce, supportato nel Piano Paesistico della Regione Puglia e candidato dal Ministero Beni Culturali per il premio Paesaggio della Comunità Europea; il progetto di recupero Collettivo del Teatro Sociale di Gualtieri, Reggio Emilia; il JellyFish Barge, serra galleggiante auto alimentata energetica, per coltivazione urbana e peri-urbana).

Su 3. Agire il bene comune- Progetti, su 5 temi, vengono proposti 5 “dispositivi” dei BOX su ruote attrezzabili: PER LA CULTURA, PER L’AMBIENTE, PER LA SALUTE, PER LA LEGALITÀ, PER LO SPORT.

Idea in sé interessante, che tuttavia pare sfuggire alla pur proclamata necessità di attivare la iniziativa partecipata e la conoscenza e la messa in azione di strutture o dispositivi già esistenti ma abbandonati, non autonomizzati, mal gestiti.

Insomma è come se il nodo della libertà decisionale, di iniziativa e di azione individuale/collettiva, venga da un lato apprezzato e dall’altro negato. Con la proposta dei cinque temi Cultura, Ambiente, Salute, Legalità, Sport, non c’è dubbio che vengono toccati, appunto, i temi all’ordine del giorno, che toccano non solo noi cittadini italiani, ma quegli altri in arrivo fuggitivi da guerre, illegalità, malattie, distruzioni violente dell’ambiente e della vita stessa. Ma i TAM glissano del tutto sulle prospettive attualmente aperte e scottanti – tra riuso e nuovi progetti architettonici rallentati- nelle quali è massima la tensione tra visione speculativa e visione sociale e partecipata (inter-istituzionalità e cittadino): Corviale, la cosiddetta “vela” di Calatrava, l’ex-Velodromo, la zona ex-industriale di Tor Sapienza (con un progetto Franceschini appena finanziato), la “Nuvola” Centro Congressi dell’EUR s.p.a. dello Studio Fuksas, Tor Bella Monaca spesso senza ascensori destinata a moltissimi disabili (solo per parlare di Roma).

Ci sembra che i cinque modelli di Box-auto rotabili siano inevitabilmente volti a una prospettiva di azione di “emergenza”, mentre occorre proprio saldare ed intrecciare le esigenze di cittadini e migranti, con la conoscenza e la concertazione delle soluzioni. Saldare soprattutto la soluzione di quello che è il momento originario, archetipico del benessere psicologico, fisico e mentale dell’uomo: la casa, l’abitare. Insomma, la prospettiva progettuale dei box/temi aperta dei TAM appare verticistica, autoritaria, diffusa/calata dall’alto.

Certo il momento vede il precipitare di eventi in un mondo in crisi, dopo due anni di guerre a pezzi in corso: come un precipizio, il 6 maggio il presidente della Turchia Recep Tayyp Erdogan dimette il suo capo di governo Ahmet Davutoglu per dissensi sulla questione curda, annunciando l’intensificarsi di una nota deriva autoritaria, cui avremmo assistito nel post- golpe militare del luglio (decine di migliaia di arresti di giornalisti, professori, rettori, impiegati, militari).

Mentre quello stesso 6 maggio a “la Repubblica”  Joseph Rykwert (Varsavia, 1926) rilasciava l’intervista in occasione della Laurea ad Honorem dell’Università di Bologna, con un’analisi pessimistica dello stato delle cose nell’urbanistica e nell’architettura nel mondo (il desiderio di più “grattacieli” nei committenti di taluni paesi africani; l’architettura tendente “all’oggetto vistoso”; la progettazione per lo spettacolo visivo e l’intrattenimento) ed auspicava una progettualità per l’uguaglianza e criticava i “camuffamenti” di certa committenza politica e di certo capitalismo finanziario e nello stesso momento il nostro capo del governo Matteo Renzi firmava il decreto sulle periferie (sicurezza e cultura) (citato, supra).

Alejandro Aravena, una ventina di giorni dopo, nei giorni del vernissage della Biennale, rilascia (a “La Nuova Venezia”, 27 maggio) un’intervista “La mia mostra contro i cattivi committenti”. Vi ribadisce i punti centrali del progetto, cioè che la “la forma dei luoghi è la conseguenza di regole, interessi ed economie che spesso vanno contro le esigenze della gente comune”, ma che “cambiare è possibile”. “Se l’architettura si occupa di dare forma ai luoghi in cui viviamo, non è più complicato né più semplice di così”. E se le realizzazioni “troppo spesso vanno contro la vita della gente”, dice Aravena, “… riguardo a questa Biennale Architettura, non mi interessa personalmente la quantità dei visitatori, ma la qualità della visita. Questa mostra è rivolta a tre tipi di pubblico: gli architetti, i decisori che esprimono il potere politico politico e economico, e i cittadini-utenti. Per i primi, spero possa servire a migliorare la qualità del costruito. Per i secondi, mi auguro possa servire a cambiare i termini di riferimento, a capire che gli edifici si possono realizzare anche in altro modo. Per i cittadini, spero che vedere questa mostra contribuisca a convincerli a premere di più su decisori e sugli architetti per offrire loro la qualità abitativa ed edilizia che richiedono”

Che cosa hanno risposto i TAM associati (Massimo Lepora, Raul Pantaleo, Simone Sfriso, curatori Padiglione Italiano) a Marco Maria Sambo, che li intervista il 14 luglio sulla nuova rivista “INDUSTRIA ARCHITETTURA-CONNESSIONI CRITICHE” ?

Su Alejandro Aravena, nel suo movimento “dalla periferia al centro”,  ci dicono che è , in un certo senso, “il Bergoglio dell’architettura” e che “questa mostra propone un nuovo sistema di osservazione (intanto), auspicando una discesa a terra (prossimamente) con strumenti rinnovati. È una mostra che parla ad un pubblico più vasto perché (auspicabilmente) acquisti coscienza dell’importanza dello spazio in cui vive”. E alla più puntuta domanda di Sambo, se “siamo davvero tutti al fronte e combattiamo per l’architettura sociale oppure la lotta si sta istituzionalizzando e –dopo questa Biennale– si sta trasformando in un dibattito da salotto radical chic?”, la loro valutazione è che con Reporting from the Front Aravena ha potuto fare una grande operazione di comunicazione, portare sulla Biennale e su questo tema “un’elevata attenzione dei media”, offrire agli architetti una opportunità per proporre nuove idee. ( http://www.industriarchitettura.it/2016/07/14/intervista-a-tamassociati/)

E intanto qui a Venezia,  Lorenzo Romito, uno dei fondatori del collettivo di architetti e artisti Stalker/Osservatorio Nomade (presenti alle Biennali Architettura di Venezia nel 2000 e nel 2004), propone BUURBRB.

“Nel suo viaggio interstiziale tra spazi e tempi altri alla Contemporaneità, BUURBRB esplora – scrive Lorenzo Romito- quell’arcipelago di luoghi abbandonati e di istituzioni dismesse della Cura, dell’Accoglienza e dello Scambio che hanno permesso a Venezia di abitare per secoli il limite incerto tra Terra e Mare, tra Noi e gli Altri, tra Fragilità e Forza: tra Europa e Mediterraneo.

Davanti alla crisi della Contemporaneità, dei suoi modelli di convivenza, tra culture diverse, tra uomo e natura, tra locale e globale, è oggi estremamente interessante e utile esplorare quel fertile dispositivo geografico-culturale di relazione con l’alterità e la sua accoglienza, di cura dell’incertezza e della fragilità delle persone, delle comunità e dell’ambiente, che è stato l’Arcipelago veneziano. Oggi che l’idea di Europa affonda scomparendo in un Oceano Europa di indifferenza, e le sue Nazioni alzano mura di rifiuto con la pretesa di cancellare ogni spazio di con-fusione, di esitazione, di incertezza, per contrapporre, contro lo stesso mito d’Europa, la Terra al Mare, il Noi agli Altri, la propria violenza all’altrui fragilità, le retoriche e false certezze del presente all’incertezza del futuro, BRUURB scruta ogni crepa, ogni possibile traccia, ogni esiguo indizio che lasci intravedere la possibilità di far breccia e fuoriuscire da quelle mura di ipocrita e razionale pretesa di onnipotenza, in cerca di un Arcipelago Europa dove federare diversità e fragilità e ridare luogo e prospettiva al loro incontro. Esplorare possibili rotte, sperimentare, agendole, pratiche, strategie e strumenti di formazione e trasformazione, tornare a forgiare, condividere e scambiare gli strumenti e le competenze con cui coltivare le fertili dimensioni dell’alterità, della fragilità e dell’incertezza,  è oggi lo stimolo alla sopravvivenza e all’ evoluzione che anima BURBRBRB. Under the BoardWalk   peregrinazioni lagunari alla ricerca dell’Arcipelago Europa, passi incerti, tra ambienti fragili, per rifugiare il futuro…una azione di Biennale Urbana con Stalker (Laguna di Venezia, 9-15 luglio 2016).

“Esploreremo quell’arcipelago di luoghi abbandonati e di istituzioni dismesse della Cura, dell’Accoglienza e dello Scambio che hanno permesso a Venezia di abitare per secoli il limite incerto tra Terra e Mare, tra Noi e gli Altri, tra Fragilità e Forza: tra Europa e Mediterraneo. Oggi che l’idea di Europa affonda scomparendo in un Oceano Europa di indifferenza, e le sue Nazioni alzano mura di rifiuto con la pretesa di cancellare ogni spazio di con- fusione, di esitazione, di incertezza, per contrapporre, contro lo stesso mito d’Europa, la Terra al Mare, il Noi agli Altri, la propria violenza all’altrui fragilità, le retoriche e false certezze del presente all’incertezza del futuro, scruteremo ogni crepa, ogni possibile traccia, ogni esiguo indizio che ci possa far intravedere la possibilità di far breccia e fuoriuscire da quelle mura di ipocrita e razionale pretesa di onnipotenza, in cerca di un Arcipelago Europa dove federare diversità e fragilità e ridare luogo e prospettiva al loro incontro. Esploreremo le possibili rotte, sperimenteremo, agendole, pratiche, strategie e strumenti di formazione e trasformazione per tornare a forgiare, condividere e scambiare gli strumenti e le competenze con cui coltivare le fertili dimensioni dell’alterità, della fragilità e dell’incertezza. Cammineremo tra acque e terre della laguna alla ricerca di un’isola dove Europa possa approdare ancora una volta… Eur(h)ope”.

NOTA:Hey er Welcome to the REAL WORLD !!!!

Alejandro Aravena ha conseguito la laurea in Architettura presso l’Università Cattolica del Cile nel 1992 e ha fondato il suo studio nel 1994, progettando principalmente edifici istituzionali. Dal 2001 è Direttore Esecutivo di ELEMENTAL, un Do Tank che lo vede partner insieme a Gonzalo Artega, Juan Cerda, Vìctor Oddò e Diego Torres. ELEMENTAL ha vinto il Leone d’Argento per promettenti giovani architetti alla 12. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia.       Aravena annuncia nella Conferenza stampa per il conferimento del Pritzker Prize Laureate (vedi Dezeen daily,http://www.dezeen.com/2016/04/06/alejandro-aravena-elemental-social-housing-designs-architecture-open-source-pritzker/ ) che mette a disposizione un gran numero dei suoi progetti per case residenziali low cost, open source, al fine di contrastare così la grave crisi abitativa degli ultimi 10 anni. Lo scopo è anche quello di fornire materiali alle Agenzie governative e ai developers (gli investitori), che in genere pensano che è troppo costoso investire in abitazioni popolari di buon design.

Con ELEMENTAL, progetto e gruppo ideato e di cui ha la direzione esecutiva, Alejandro Aravena ha vinto il Leone d’Argento per promettenti giovani architetti alla 12. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia. La rivista “De Zeen Magazine” gli dedicò un articolo ed una intervista indiretta di Matylda Krzykowski (posted il mercoledì 12 novembre 2008 alle 12.10)  e nel 2016 (in occasione del conferimento ad Aravena del Pritzker Prize laureate) lo ripubblica, aggiornato (cfr. http://www.dezeen.com/2016/04/06/alejandro-aravena-elemental-social-housing-designs-architecture-open-source-pritzker/) con il titolo Alejandro Aravena make housing designs available to the public for free. E’ interessante rileggere i commenti del 2008, allora come ora talvolta sprezzanti, altri comunque pieni di interesse per le soluzioni dell’architetto cileno: Andrew Liebchen • 8 years ago : Most comments here border on patronizing. The ‘slum aesthetic’ is not to praise in the project, it is the details that are hardly mentioned  : while decreasing costs, Elemental was able to DOUBLE the amount of potential housing it was able to provide. The architect decided to spend the state’s money building units as infrastructure so that the stasis of population and spacial constraints that normally plague mass housing projects are alleviated.This project successfully invents a hybrid that is between public housing project and subsidized owner-built dwellings. This could be a model for governments to assert themselves (as they should) on the built environments of places that poverty prevents conventional construction, and indeed have a tradition of ‘slum’ construction. antonius • 8 years ago : like a slum he? I like that. Thats a good idea. er • 8 years ago :are you kidding me ? this looks like a slum. Morais • 8 years ago :Hey windbag… Hey er Welcome to the REAL WORLD !!!!

 

1.GOOD DESIGN BAD DESIGN 2.PEACEKEEPING MISSIONS ARCHITECTURE_UN 4 3.PEACEKEEPING MISSIONS ARCHITECTURE_UN 2 5 PEACEKEEPING MISSIONS ARCHITECTURE_UN 6 4 PEACEKEEPING MISSIONS ARCHITECTURE_UN 3 6 PEACEKEEPING MISSIONS ARCHITECTURE_UN 7 Progetto Unesco_Laboratorio di Quartiere_Rigenerazione Urbana ad Otranto (2) 8 SOLANO BENITEZ (2) 9 SOLANO BENITEZ (3) 10 SOLANO BENITEZ (4) 11 SOLANO BENITEZ (5) 12 SOLANO BENITEZ 13 TAKING CARE (1) 14 TAKING CARE (2) 15 TAKING CARE (3) 16 Taking care , Padiglione Italia, Biennale 17 TAKING CARE 6 18 TAKING CARE 7 19 TAKING CARE 8 20 TAKING CARE 21 TAKING CARE_LOW COST SOCIAL VALUE

 

Didascalie immagini dall’alto:

1.Good design Humanises Bad Design Brutalises, From the Front, Biennale Architettura Venezia 2016

2-6. ARCHITECTURE U.N. PEACEKEEPING MISSIONS, From the Front, Biennale Architettura Venezia 2016

7. Progetto Unesco, Laboratorio di Quartiere, Rigenerazione Urbana ad Otranto, From the Front, Biennale Architettura Venezia 2016

8-12. L’impresa di Solano Benitez in Paraguay, From the Front, Biennale Architettura Venezia 2016

13-21. TAKING CARE, a cura di TAMassociati Padiglione Italia alla Biennale Architettura di Venezia (allestimento)

22-23. TAMassociati, COHOUSING, ECOQUARTIERE QUATTRO PASSI, Villorba (Treviso), Italia