Bibliografia:

Rosalee Goldberg, Performance art, Thames and Hudson, 2006.

Jack Anderson, Dance: Merce Cunningham ‘Events’, in “NY Times”, December 2, 1985.

David Velasco, Dance: Best of 2009, in “Artforum”, December 2009.

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Dino Verga e la sua compagnia portano in scena Back Line: Omaggio a Merce Cunningham, un evento di danza, musica e videoart dedicato al padre della danza postmoderna.

Ad aprile scorso a Roma, è stato presentato Back line: Omaggio a Merce Cunningham della compagnia Aton di Dino Verga, danzatore e coreografo che per anni ha studiato con lo stesso Cunningham a New York. Verga, convinto giustamente che in Italia non si sia reso onore a sufficienza al grande padre della danza postmoderna, ha deciso di portare in scena un suo contributo ricreando un event.

“Event è una performance senza intervallo costituita da brani di danza tratti dal repertorio e da nuove sequenze arrangiate appositamente per l’occasione e il luogo specifico, con la possibilità che attività distinte vengano eseguite simultaneamente in modo da offrire non tanto un programma di danza, quanto piuttosto l’esperienza della danza in sé.” (Merce Cunningham)

In Back line il pubblico prende posto mentre i danzatori, in abiti da lavoro, si riscaldano. La scenografia è minimale e lo spazio viene lasciato quanto più libero per la danza. Su due schermi, due artisti proiettano dei video, mentre un lunghissimo tavolo posizionato in fondo allo stage accoglie l’armamentario del musicista. Merce Cunningham e John Cage avevano inventato un modo di lavorare alle coreografie, l’uno, e alle musiche, l’altro, separatamente, senza confrontarsi fino al giorno dell’esibizione. Back Line ripropone questa stessa metodologia: le musiche sono composte sul momento da Marco Schiavoni che utilizza strumenti musicali e oggetti diversi (una vecchia radio, un gong, dei campanelli, dei macinini e molto altro), spesso improvvisando e comunque dando l’impressione di produrre suoni indipendentemente dai movimenti dei danzatori.

Lo spettacolo è stato composto a moduli che, ad ogni replica (diventa in realtà difficile parlare di replica dato il numero altissimo di variabili), cambiano ordine nella scaletta e producono un insieme coreografico ogni volta diverso. Alcune parti che si ritrovano di sera in sera: la mise en scène di una coreografia originale di Cunningham Cross Currents del ’64; una sequenza dedicata alla tecnica della chance – un danzatore lancia i dadi e in base al numero che esce esegue dei movimenti diversi -; il gran finale con tutta la compagnia in scena che simula una lezione di danza intorno allo spirito del defunto maestro.

A parte Cross Currents, eseguito con una precisione chirurgica, Verga ha lasciato ampio spazio ai suoi danzatori. Sicuramente l’improvvisazione è uno dei pilastri del pensiero di Cunningham, e questa libertà era la conseguenza di un lavoro di ricerca che, come risultato, aveva generato l’idea di usare la forza individuale per raggiungere un macrodisegno concettuale. Solo un lavoro creativamente chiaro permette di dare un ruolo al caso senza perdere in forza e coerenza. L’improvvisazione, tutt’altro che fine a se stessa, era anzi uno strumento di sperimentazione, un parametro di variabilità con il quale confrontarsi per superare le dinamiche narrative della danza, di quella classica ma anche di quella moderna. In Back Line interessante è stato l’esperimento di voler riproporre questo margine di elementi variabili, ma l’intenzione sembra essersi circoscritta al portare in scena un meccanismo che, usato come fine, lascia un retrogusto di open stage.

Gli stessi stili dei danzatori erano dissonanti. Oltre ai membri della compagnia, i performers provenivano da formazioni diverse. La varietà può sicuramente essere arricchente e spesso Cunningham ha integrato artisti con le capacità più diverse dato che queste erano utili a convergere verso la costruzione del suo disegno. Basti pensare alle collaborazioni di Cunningham con musicisti, artisti visivi, performer, costumisti. Verga ha fatto propria la volontà di avere un palcoscenico diversificato, ma in Back Line gli stili individuali dei danzatori, in certi momenti, soffocavano la composizione coreografica.

Verga avrebbe potuto costruire il suo omaggio in diversi modi:

1) in maniera documentaristica ricostruendo, per filo e per segno, un event seguendo la strada che lo ha portato a mettere in scena la coreografia originale Cross Currents;

2) in maniera personale creando un progetto con il proprio stile e il proprio pensiero.

Invece non ha preso una posizione netta rispetto a cosa intendesse per omaggio, con un risultato gradevole e interessante nell’integrazione avvenuta tra diverse forme d’arte (video art, danza, musica sperimentale) ma non in grado di sostenere completamente la vitalità creativa di un event, sfiorando a volte la pesantezza di una commemorazione.

Dall’alto:

La locandina e 3 momenti della performance
Back Line: Homage to Merce Cunningham della
compagnia Aton – Dino Verga presentata alla St Stephen’s School a Roma dall’8 all’11 aprile2010.
Courtesy dell’Associazione Culturale Aton – Dino Verga Danza, foto di Giuseppe Giacovelli.